Medicina integrata

Un “Manifesto futurista” per le malattie reumatologiche

HealthDesk - Sab, 10/26/2024 - 17:56
Rheuma Care Academy Diagnosi precoce, digitalizzazione efficace, accesso alle terapie, efficientamento dei sistemi territoriali e partecipazione attiva: sono alcune parole chiave del “Manifesto futurista delle malattie reumatologiche” redatto da una Comunità costituita da rappresentanti di Associazioni dei pazienti, Società scientifiche e clinici. Il gruppo di lavoro di Rheuma Care Academy (RCA) ha realizzato un lungo percorso di analisi e di studio applicando il metodo della Teoria dell’anticipazione e realizzando un esercizio di futuro, individuando criticità, ma soprattutto possibili soluzioni future realmente sostenibili e utili a compensare i bisogni ancora non soddisfatti delle persone con patologie reumatologiche, con particolare riferimento all'artrite psoriasica e la spondiloartrite assiale che sono particolarmente complesse e meno note. Il documento sarà presentato giovedì 31 ottobre al ministero della Salute a Roma.
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Diabete sotto le lenzuola: addio desiderio per lei e disfunzione erettile per lui

HealthDesk - Sab, 10/26/2024 - 17:55
Il Congresso

Le complicanze micro e macro-vascolari e fattori metabolici del diabete sono correlate a disfunzioni sessuali in entrambi i sessi.

«La salute sessuale delle persone è spesso caratterizzata da alterazioni e disfunzioni che devono trovare accoglimento e risposte da parte del team diabetologico» avverte Angelo Avogaro, presidente uscente della Società italiana di diabetologia (Sid) che al reente Congresso nazionale di Rimini ha voluto un simposio ad hoc.

«La disfunzione erettile, che nel maschio viene riconosciuta come l’incapacità di ottenere o mantenere l’erezione per un rapporto sessuale soddisfacente - spiega Antonio C. Bossi, creator del simposio - è riconosciuta come predittore di eventi vascolari severi, anche indipendentemente dal diabete. In qualche circostanza può essere causata dal deficit di testosterone, ovvero dall’ipogonadismo, che si associa molto frequentemente al diabete».

Gli uomini con diabete presentano un rateo più elevato di disfunzione erettile correlata, si ipotizza, a un danno vascolare e alla diminuzione del calibro delle arterie che portano sangue al pene. Nei casi in cui il diabete è successivo ad obesità si parla di ipogonadismo funzionale, reversibile con una perdita di peso che può essere trattata, a seconda dei casi, con una terapia sostitutiva a base di testosterone.

Disfunzione erettile ed eiaculazione precoce sono interconnesse, l’una può determinare l’altra. In particolare, l’eiaculazione precoce può inizialmente mettere in ombra le difficoltà di erezione.

Le disfunzioni sessuali femminili rappresentano invece condizioni spesso associate tra loro che vengono indagate molto più raramente. Per questo motivo sono anche poco considerate le condizioni di salute che possono predirne la comparsa e le terapie farmacologiche che possono esacerbarne l’evoluzione.

«Le donne con diabete – sottolinea Maria Ida Maiorino, creator del simposio - presentano disfunzioni sessuali che prevedono cause organiche e psicologiche con una pletora di manifestazioni: calo del desiderio, eccitazione ridotta con minore afflusso di sangue nella zona genitale, peggioramento dell’eccitazione, della lubrificazione vaginale, dell’orgasmo e della soddisfazione generale. Fenomeni che peggiorano in presenza di obesità che porta a una minore soddisfazione rispetto alla propria immagine corporea. Un diabete di lunga durata e una scarsa accettazione di questa condizione è stata correlata ad una peggiore funzione sessuale». 

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Welfair 2024 per progettare il cambiamento del Servizio sanitario nazionale e costruire la sanità del futuro

HealthDesk - Sab, 10/26/2024 - 10:00
Alla Fiera di Roma

Gli studi più recenti in materia di longevità, le potenzialità delle cure sviluppate dai ricercatori nello spazio, la prima Smart Ambulance made in Italy pronta per entrare in servizio, un focus sulla salubrità degli ambienti indoor quale prima strategia preventiva rispetto alle malattie croniche, la firma della Consulta delle società scientifiche e associazioni pazienti per le malattie vascolari, la presentazione del Piano Strategico per la salute cardiovascolare in Italia 2024-2027 a cura della Federazione italiana di cardiologia (Ifc).

Sono alcuni tra i temi di Welfair 2024, la “fiera del fare Sanità” che da martedì 5 a giovedì 7 novembre riporterà Roma a essere Capitale della salute e della sanità, riconfermandone la vocazione di naturale crocevia del Servizio sanitario nazionale.

Welfair, organizzata da Fiera Roma ed Experience–Fare Sanità, in collaborazione con LTM&Partners e IdeaGroup, è una manifestazione fieristica che ha l’obiettivo di riunire gli attori e le attrici coinvolti nella filiera sanitaria per trovare soluzioni sui singoli processi sanitari e sui grandi assi di sviluppo non solo del Ssn, ma dell’intero ecosistema sanitario. In quest’ottica, Welfair si propone come hub dove iniziare a progettare la sanità del prossimo futuro, nella consapevolezza che ricerca medica, sviluppo tecnologico e regolamentazione hanno bisogno di avanzare insieme e dove i protagonisti sono le Società medico scientifiche, le Associazioni di pazienti, le aziende e startup del settore.

I relatori già confermati a un mese dall’evento sono 500. Da tutto il mondo provengono anche visitatori e buyer di Welfair, che per questa edizione ha decine di ospiti accreditati da India, Qatar, Stati Uniti, Nuova Zelanda, Israele e Turchia. 

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Le Società scientifiche dei medici: «Il sistema è al collasso, troppo pochi 900 milioni nella Finanziaria»

HealthDesk - Ven, 10/25/2024 - 18:38
Legge di Bilancio Un Board di salute pubblica per salvare il Servizio sanitario nazionale: a chiederlo sono le 75 Società scientifiche riunite in Fossc (Forum delle Società scientifiche dei clinici ospedalieri ed universitari italiani), di fronte all’esiguità dei fondi per la sanità stanziati nella Manovra finanziaria. Il Servizio sanitario nazionale, sottolinea il Fossc, sta perdendo il proprio carattere universalistico e la sua crisi, senza risorse adeguate, diventerà sempre più strutturale. «Non bastano i 900 milioni di euro destinati al Fondo sanitario nazionale nel 2025» scrivono in una nota le Società scientifiche. Per porre le basi e iniziare un processo di rafforzamento del Ssn con la gradualità purtroppo necessaria fino al raggiungimento degli standard degli altri Paesi europei, servono almeno 10 miliardi, da investire immediatamente. Altrimenti, avvertono, sono a rischio le cure e l’assistenza dei cittadini del nostro Paese. Il definanziamento della Sanità parte da lontano, ricorda Fossc, e vi hanno contribuito tutti i Governi che si sono succeduti negli ultimo 10-15 anni. Il Governo Meloni ha ereditato questa situazione, ma, in due anni, non ha intrapreso assuntoalcun provvedimento «serio per cominciare a risolvere questi gravi problemi. I pochissimi provvedimenti promossi sono a finanziamento zero e su singoli specifici problemi, senza affrontarne alla radice le cause. Ad esempio le liste d’attesa, a diversi mesi dall’emanazione della legge “salta code”, continuano inesorabilmente a peggiorare, mentre assistiamo a un rimbalzo imbarazzante di responsabilità su questo tema tra Governo e Regioni». Il ministro della Salute, Orazio Schillaci, aveva chiesto la cifra già irrisoria di 3,5 miliardi di euro per la sanità per il 2025, osserva Fossc, ma nella manovra finanziaria sono stati previsti solo 900 milioni, «briciole rispetto alle esigenze reali dei nostri pazienti. Da anni proponiamo, con analisi e documenti, una riforma organica del sistema, ma finora non siamo stati ascoltati dalle Istituzioni. E il processo di disgregazione e definanziamento del sistema pubblico prosegue». Il gap complessivo di risorse destinate alla sanità rispetto alla media dei Paesi Ocse membri dell’Unione europea è di circa 52 miliardi di euro: «Attualmente siamo agli ultimi posti in Europa e tra i Paesi dell’Ocse e ultimi tra tutti i Paesi del G7 e registriamo un divario della spesa sanitaria pubblica pro-capite di ben 889 euro rispetto alla media dei Paesi Ocse, membri dell’Unione europea». Inoltre, aumenta la spesa sanitaria out of pocket da parte dei privati cittadini, mentre sono quasi 4,5 milioni le persone che nel 2023, in Italia, hanno rinunciato alle cure. «È dovere morale nei confronti dei nostri pazienti denunciare questa situazione – sostengono le Società scientifiche - e dobbiamo spiegare bene alla Politica ciò che sta succedendo, perché è in atto un’emergenza grave della sanità su cui è necessario agire subito». Pertanto le Società scientifiche, propongono «al presidente Meloni di istituire con urgenza un Board di salute pubblica, per salvare dalla rovina sicura il Servizio sanitario nazionale. O, quanto meno – concludono - per “salvare il salvabile” di ciò che resta del Ssn, essendo ormai i suoi processi di compromissione purtroppo molto avanzati».
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In Libano oltre 400 mila bambine e bambini sfollati, sempre più a rischio di scabbia, colera e altre malattie

HealthDesk - Gio, 10/24/2024 - 18:27
Guerre

In Libano oltre 400 mila bambini costretti a lasciare le proprie case a causa dell'escalation del conflitto sono a rischio colera e altre malattie trasmesse dall'acqua a causa del sovraffollamento e delle condizioni dei rifugi collettivi, oltre che per la mancanza di acqua e servizi igienici.

L’allarme è lanciato da Save the Children, che chiede un cessate il fuoco immediato e alla comunità internazionale di agire subito per evitare una catastrofe umanitaria.

Il primo episodio di colera e dei casi di scabbia sono già stati segnalati tra gli 1,2 milioni di persone sfollate dalle loro case. L'Organizzazione mondiale della sanità ha espresso preoccupazione per il fatto che molti di coloro che sono fuggiti dalle violenze nel sud non sono stati protetti dal colera che prospera in condizioni idriche e sanitarie precarie.

Con l'inverno alle porte, i bambini e le famiglie che dormono all'aperto o in rifugi collettivi privi di riscaldamento saranno esposti a condizioni difficili e costretti a sopportare il freddo e l'umidità senza un'adeguata protezione, avverte in una nota Save the Children, che lavora in 194 dei 1.094 rifugi collettivi in Libano, Paese dove è presente dal 1953. 

Fatima, 31 anni, è stata sfollata dal sud con il suo bambino di 11 anni e ora si trova in un rifugio collettivo nel Monte Libano, condividendo uno spazio affollato con circa altre otto famiglie: «Tutto è difficile. Stiamo esaurendo i farmaci essenziali per le malattie croniche, soprattutto per gli anziani. Non riusciamo a trovare nemmeno le medicine per la pressione sanguigna. Abbiamo lasciato la nostra casa con i soli vestiti che indossavamo. L'inverno sta arrivando e abbiamo bisogno di vestiti caldi, coperte e stufe» racconta Fatima. «Riuscite a immaginare trenta famiglie per piano che condividono un solo bagno? È il bagno di una scuola – prosegue - quindi non c'è una doccia o uno scaldabagno. Dobbiamo riempire contenitori di plastica con acqua e lasciarli al sole per riscaldarli, solo per poter fare il bagno ai bambini. Gli anziani e i più piccoli si ammalano lavandosi con l'acqua fredda. Queste condizioni sono insopportabili».

Nelle ultime quattro settimane in Libano una persona su cinque è stata costretta a lasciare la propria casa. Oltre 190 mila persone vivono attualmente in 1.094 rifugi collettivi in tutto il Paese, ovvero scuole, centri comunitari e altre istituzioni pubbliche riadattate.

Anche il sistema sanitario è messo a dura prova dagli attacchi aerei israeliani: quasi la metà di tutti i centri di assistenza sanitaria primaria nelle aree colpite dal conflitto sono stati chiusi, mentre 11 ospedali sono stati completamente o parzialmente evacuati. Inoltre, 28 strutture idriche sono state danneggiate, con drammatiche conseguenze per oltre 360 mila persone.

«I bambini in Libano ora devono affrontare non solo le bombe – osserva Jennifer Moorehead, direttrice nazionale di Save the Children in Libano - ma anche il rischio di malattie, prevenibili con un vaccino. Siamo allarmati, ma non sorpresi, dal primo caso di colera, visto che l'anno scorso c’è stato un drastico calo della copertura vaccinale. Migliaia di bambini vulnerabili sono ora privi di protezione e, con l'inverno alle porte e l'abbassamento delle temperature, diventeranno ancora più suscettibili a certe malattie come il morbillo, la meningite e l'epatite A. Abbiamo già visto a Gaza come la combinazione letale di sfollamento di massa, attacchi all'assistenza sanitaria e mancanza di cibo nutriente e acqua possa avere un impatto sulla vita dei bambini. Non possiamo permettere che questo accada di nuovo. La comunità internazionale – conclude Moorehead - deve agire subito per evitare una catastrofe umanitaria ed esercitare pressioni per un cessate il fuoco immediato».

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Legge di Bilancio: la coperta corta non scalda la sanità. O forse sì. Anche troppo, però

HealthDesk - Gio, 10/24/2024 - 18:20
In Parlamento Palazzo_Chigi_(1861002263).jpg Il testo della Legge di Bilancio presentato dal Governo scontenta parecchio la sanitàInutile girarci intorno: il testo della Legge di Bilancio presentato dal Governo scontenta parecchio la sanità. Alcuni sindacati hanno già annunciato che sciopereranno e scenderanno in piazza. Ma anche le aziende farmaceutiche hanno da ridire. Il clima, insomma, rischia di surriscaldarsi

Dopo tante indiscrezioni e polemiche sulle ipotesi, anticipazioni e indiscrezioni, alla fine il testo della Legge di Bilancio, quella che un tempo era la Finanziaria, è finalmente stato presentato dal Governo. Il presidente Mattarella l'ha firmata e ora comincia l'iter parlamentare. Quest'anno alla Camera dei deputati, in ossequio alla regola dell'alternanza, dopo che lo scorso anno il viaggio era cominciato al Senato.

È fin troppo facile prevedere che la navigazione non sarà priva di difficoltà, non solo per la scontata battaglia che l'opposizione cercherà di ingaggiare, ma probabilmente anche perché non è del tutto sereno il clima che si respira all'interno della stessa maggioranza di Governo.

D'altronde, le reazioni che il testo ha suscitato tra gli “addetti ai lavori” della sanità non sembrano propriamente benevole. Anzi, tutt'altro.

Il personale del Ssn. I sindacati Anaao Assomed, Cimo-Fesmed e Nursing Up (medici, dirigenti ospedalieri e infermieri) hanno già annunciato uno sciopero nazionale e una manifestazione a Roma mercoledì 20 novembre. «Il testo della legge di Bilancio per il 2025 – scrivono in un comunicato congiunto - conferma la riduzione del finanziamento per la sanità rispetto a quanto annunciato nelle scorse settimane e cambia le carte in tavola rispetto a quanto proclamato per mesi». L’aumento di 1,3 miliardi del Fabbisogno sanitario nazionale nel 2025, «ben distante dai 3,7 miliardi annunciati», non è sufficiente «a ridare ossigeno a un Ssn boccheggiante» sostengono i tre sindacati. E l’aumento delle borse di specializzazione meno richieste, «sebbene apprezzabile, non sarà di certo sufficiente a convincere i giovani medici ad iniziare un percorso formativo che li porterà a lavorare in condizioni inaccettabili». Inoltre, «si è persa traccia del piano straordinario di assunzioni e dello sblocco del tetto di spesa per il personale. Si continua a rimandare ad un futuro più o meno prossimo la soluzione di un’emergenza che invece medici e infermieri vivono oggi e che necessita oggi di provvedimenti realmente risolutivi». Pierino Di Silverio, segretario Anaao Assomed, Guido Quici, presidente Cimo-Fesmed, e Antonio De Palma, presidente Nursing Up, non intendono «restare in silenzio dinanzi all’ennesima presa in giro del personale sanitario e dei cittadini, dinanzi alle giravolte del ministero dell’Economia che vanificano gli sforzi del ministero della Salute e al voltafaccia di coloro che lavorano per spingere il personale sanitario ad abbandonare la sanità pubblica». A questo proposito, i tre sindacalisti aggiungono di non voler essere «complici dell’ormai evidente smantellamento del Servizio sanitario nazionale. Il personale scappa quotidianamente dagli ospedali pubblici, le liste d’attesa sono interminabili, le aggressioni e le denunce sono all’ordine del giorno, e si continua a destinare pochi spiccioli alla sanità pubblica, che peraltro poi non vengono spesi in modo corretto dalle Regioni, e ad aumentare i finanziamenti per la sanità privata». Insomma, concludono Di Silverio, Quici e De Palma, «non possiamo rassegnarci alla ormai lampante privatizzazione della sanità, e alzeremo la voce per portare anche i cittadini dalla nostra parte. In gioco non ci sono solo dei dovuti riconoscimenti per il personale sanitario, necessari ad impedire lo svuotamento degli ospedali; in gioco c’è la tutela della salute di tutti noi».

Che per rilanciare il Servizio sanitario nazionale occorra «ben altro» rispetto a quanto previsto nel testo del Governo, lo sostengono in una nota anche i rappresentanti di altre sigle, riunite nell'Intersindacale dei dirigenti medici, veterinari e sanitari. «La crisi della sanità pubblica – scrivono - è sotto gli occhi di tutti. È urgente intervenire con più risorse vincolate alla sanità pubblica, l’unico presidio per i ceti più deboli della società». Ma, aggiungono, «la bozza di legge di bilancio non contiene elementi strutturali di cambio di rotta per salvare il Ssn» nonostante alcuni «orientamenti positivi»: le risorse «sono molto scarse e creano una sperequazione tra i professionisti che appartengono alla stessa Area contrattuale. Ancora una volta non viene finanziata la specializzazione dei professionisti non medici» ed è «grave che non ci siano risorse per le assunzioni di personale mentre si aumenta la spesa pubblica a favore della sanità privata». Secondo l'Intersindacale, «per salvare il Servizio sanitario nazionale è necessario un piano assunzionale, così invece si continuano ad esternalizzare i servizi e le risposte alla cittadinanza». Il Governo «poteva fare moltissimo in più – sostengono - ma ha scelto di sostenere altri settori». Cosicchè, prevedono i sindacati, «con queste iniziative e queste poche risorse, non ci sarà resilienza del Ssn e non migliorerà la risposta ai bisogni dei cittadini. Per questo il 13 novembre convocheranno i rispettivi Esecutivi a Roma «per continuare la mobilitazione in difesa del Servizio sanitario nazionale pubblico».

L'industria farmaceutica. In un comunicato scritto a quattro mani Farmindustria (l'associazione delle aziende farmaceutiche) ed Egualia (le aziende produttrici di medicinali equivalenti, i “generici” di una volta), scrivono che «una prima lettura del testo della manovra di bilancio sulla farmaceutica fa emergere elementi positivi e alcune criticità non risolte». Segnalano così che da un lato il testo presentato aumenta le risorse anche per i farmaci e antibiotici innovativi, ma dall’altro «non riconosce il fisiologico trend di crescita della spesa farmaceutica in ospedale, che resta nettamente sottofinanziata. Con payback a carico delle imprese, pari a oltre due miliardi di euro nel 2024, che continuano a crescere e non sono più sostenibili». La manovra, sostengono, «non riconosce il valore degli investimenti e delle produzioni dell’industria farmaceutica nella Nazione, perché non tiene conto dell’aumento esponenziale dei costi di tutte le materie prime». Farmindustria ed Egualia ricordano che il settore aveva chiesto «un segnale di riduzione degli oneri sulle imprese e si ritrova invece nel testo della legge di bilancio una misura di aumento del margine a favore della distribuzione con la diminuzione di quelli dell’industria. A nulla sono serviti – lamentano - gli allarmi ripetuti sull’urgenza di misure che garantiscano sostenibilità al comparto farmaceutico».  Le due associazioni imprenditoriali riconoscono al Governo «attenzione allo straordinario valore strategico delle imprese farmaceutiche» e auspicano che i ministeri competenti «confermino questa attenzione intervenendo perché nell’iter parlamentare le misure penalizzanti siano corrette e le criticità superate». Perchè «così non si accelera, anzi si frena la crescita dell’industria in Italia – avvertono infine - che invece ha bisogno di essere competitiva in Europa e nel mondo».

Il presidente di Egualia (appunto l’Associazione delle aziende produttrici di farmaci equivalenti, biosimilari e Value Added Medicines), Stefano Collatina, in un proprio comunicato diffuso al termine di un incontro con il ministro Schillaci, aggiunge però che «siamo profondamente sconcertati. A nulla servono gli allarmi ripetuti sull’urgenza di misure che garantiscano sostenibilità al comparto farmaceutico e creino le premesse per contrastare l’inevitabile fenomeno delle carenze. La manovra va in un’altra direzione». Nel mirino la norma della legge che riduce le quote di spettanza delle aziende produttrici a favore della distribuzione intermedia.

Meno di una settimana fa, ricorda Collatina, i rappresentanti delle Istituzioni intervenuti alla presentazione del Rapporto annuale di Nomisma sul settore degli equivalenti, «hanno riconosciuto l’urgenza di intervenire ed ora ci ritroviamo a parlare di una riduzione del prezzo ex factory. Nessuno mette in dubbio le legittime istanze della distribuzione – prosegue il presidente di Egualia – ma non possiamo accettare che tale sostegno arrivi a discapito delle nostre imprese, quelle stesse che continuano a garantire risparmi costanti all’Ssn e sono rimaste spesso le uniche fornitrici di farmaci essenziali per le terapie croniche». Per Collatina si tratta di «misure destinate a incidere nella carne viva delle aziende di farmaci fuori brevetto che già oggi vedono i propri margini ridotti al limite. Di questo passo i distributori si troveranno ad avere sempre meno farmaci da distribuire. Speriamo che la politica riesca a comprenderlo – conclude - e inverta la rotta».

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Mastocitosi: monumenti in viola e un video per raccontare la malattia

HealthDesk - Lun, 10/21/2024 - 19:19
Giornata mondiale

Tre minuti per “spiegare” attraverso immagini e videografiche la mastocitosi, una malattia rara, complessa e poco conosciuta, caratterizzata dalla crescita anomala e dall'accumulo in organi e tessuti di mastociti, un particolare tipo di cellule del sistema immunitario.

È l’obiettivo di #Telospiego, video ideato dall'Associazione italiana mastocitosi (Asimas) e realizzato con il supporto non condizionante di Blueprint Medicines, presentato in occasione dell’annuale Giornata mondiale dedicata alla sensibilizzazione su questa patologia, il 20 ottobre. Come ogni anno, in occasione della Giornata, monumenti e palazzi municipali di numerose città italiane si sono illuminati di viola, il colore con cui i biologi tingono i mastociti per osservarli.

Il video racconta in tre minuti cos’è la mastocitosi, cosa sono i mastociti, le cause, come si arriva alla diagnosi, a quale medico rivolgersi, come si cura e dove. Il video è stato caricato sul canale Youtube di Asimas e ideato dello youtuber Sacha Dominis di Co Opera Multimedia, nell’ambito della campagna di awareness “Mastocitosi? Te lo spiego”, promossa da Asimas con il supporto non condizionante di Blueprint Medicines.

«Il compito di Asimas è “far emergere” le persone con mastocitosi non diagnosticata e -spiega la presidente Patrizia Marcis – e questo obiettivo si può raggiungere solo attraverso il riconoscimento dei sintomi che, nella forma sistemica, sono molteplici ed eterogenei in quanto possono coinvolgere organi diversi. Altro importante obiettivo è dare voce ai bisogni dei pazienti, in primis quelli di una diagnosi il più possibile tempestiva e una presa in carico presso centri di riferimento dedicati».

In Italia sono circa 5 mila i pazienti con mastocitosi, non tutti diagnosticati: di questi il 10% è affetto dalla forma sistemica avanzata, che può manifestarsi con vari e numerosi sintomi, spesso simili a quelli di altre patologie, in funzione degli organi colpiti: prurito, orticaria, flushing (letteralmente “prendere fuoco”) o diarrea e dolori addominali, gastrite e ulcera, crisi ipotensive, osteoporosi con fratture da fragilità fino a episodi di shock anafilattico. È proprio a causa di questa varietà, e della rarità della malattia, che spesso sono necessari anni per ricevere una diagnosi corretta e ottenere un trattamento adeguato, che oggi è sempre più attuabile grazie all’arrivo delle nuove terapie di precisione.

«Il ritardo diagnostico in alcuni casi può arrivare anche a 5-6 anni – ricorda l’ematologa Roberta Zanotti, presidente della Rima-Rete italiana mastocitosi - ma si sta accorciando, anche grazie alla crescita delle conoscenze e dell’interesse da parte dei clinici alla malattia e alla sua gestione. Il punto cruciale è la presa in carico del paziente presso un centro di riferimento per la diagnosi e cura della mastocitosi con il supporto di un team multispecialistico di esperienza, costituito da allergologo, ematologo, dermatologo, gastroenterologo e reumatologo.Ma fondamentale – aggiunge - è anche il coinvolgimento del medico di Medicina generale, che deve essere informato sulla patologia per poter indirizzare un possibile paziente al Centro di riferimento».

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Cambio al vertice della Società italiana di nefrologia. De Nicola nuovo presidente

HealthDesk - Lun, 10/21/2024 - 19:18
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Luca De Nicola è il nuovo presidente della Società italiana di nefrologia (Sin) per il biennio 2024-2026. Succede a Stefano Bianchi.

Nefrologo di grande esperienza, attualmente De Nicola è professore ordinario di Nefrologia all'Università della Campania Luigi Vanvitelli, dove ha diretto la Scuola di specializzazione in Nefrologia.

Dal 2020 dirige il Reparto di Nefrologia e dialisi dell’ospedale Santa Maria del Popolo (degli Incurabili) di Napoli.

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Approvata la rimborsabilità di atogepant per prevenire l’emicrania

HealthDesk - Lun, 10/21/2024 - 19:17
Farmaci

AbbVie ha annunciato l’approvazione della rimborsabilità di atogepant per il trattamento degli adulti che presentano almeno otto giorni di emicrania disabilitante al mese negli ultimi tre mesi.

Questa approvazione rende atogepant il primo antagonista orale del recettore del peptide correlato al gene della calcitonina (CGRP) rimborsato per il trattamento preventivo dell’emicrania episodica e cronica, alla dose raccomandata di 60 mg una volta al giorno (quam die, QD).

Con “emicrania episodica” ci si riferisce alle persone affette da emicrania che hanno meno di 15 giorni di mal di testa al mese; l’emicrania è definita cronica in coloro che riportano 15 o più giorni di mal di testa al mese di cui almeno otto di emicrania.

L'indicazione di atogepant nella profilassi dell’emicrania è supportata dai risultati di due studi registrativi di fase 3, ADVANCE e PROGRESS, che hanno valutato l’efficacia e la sicurezza di del farmaco in pazienti adulti, rispettivamente affetti da emicrania episodica e cronica durante un periodo di trattamento di dodici settimane.

In entrambi gli studi, randomizzati controllati verso placebo, atogepant è risultato efficace, con un buon profilo di sicurezza e ben tollerato e capace di determinare un miglioramento nella qualità di vita dei pazienti correlata allo stato di salute.

L’efficacia è stata mantenuta per un periodo fino a un anno in uno studio in aperto a lungo termine, dove il 48% dei pazienti con emicrania episodica ha riferito una riduzione del 100% dei giorni di emicrania al mese (ovvero la libertà dall’emicrania o “migraine freedom”) nell’ultimo mese di trattamento.

«Le persone che convivono con l'emicrania possono avere frequenti attacchi invalidanti – ricorda Alessandra Sorrentino, presidente dell’Associazione alleanza cefalalgici (Alce) della Fondazione Cirna Onlus - che impediscono loro di svolgere le attività quotidiane, personali e lavorative, influendo significativamente sulla loro qualità di vita. Negli ultimi anni abbiamo assistito a un cambiamento di paradigma terapeutico nella gestione dell’emicrania. Con l’arrivo della classe dei gepanti e con l’approvazione e rimborsabilità di atogepant – aggiunge - lo scenario si arricchisce di nuovi trattamenti preventivi in grado di ridurre il carico di malattia e l’impatto sulla quotidianità».

«Avere una diagnosi corretta fa la differenza nella gestione della malattia – sottolinea Fabrizio Greco, amministratore delegato di AbbVie Italia - eppure ancora oggi molti pazienti impiegano anni prima di ricevere la terapia più appropriata alla loro patologia». Con l’approvazione di atogepant «si amplia il nostro portfolio in neuroscienze – prosegue - affermandoci come punto di riferimento nella cura dell’emicrania, e ci impegneremo insieme alle Associazioni dei pazienti, le Società scientifiche, le Istituzioni e i Centri di cura affinché tutti i pazienti possano accedere a questa terapia innovativa su tutto il territorio nazionale».

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La settimana su HealthDesk

HealthDesk - Lun, 10/21/2024 - 15:11
Lo studio Virus Oropouche, possibile rischio di trasmissione sessuale Leggi tutto

Identificato nel liquido seminale di un paziente da ricercatori dell’Irccs Sacro Cuore Don Calabria di Negrar. Nessun allarme, ma non va sottovalutato

Nella manovra meno risorse del previsto per la Sanità. Medici: «Scandalosa, pronti alla protesta»

I numeri però non sono ancora chiari: per i medici solo 880 milioni in più nel 2025; secondo il Mef ci saranno 2,4 miliardi in più

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Virus Oropouche, possibile rischio di trasmissione sessuale

HealthDesk - Dom, 10/20/2024 - 10:20
Lo studio Oropouche.jpeg Identificato nel liquido seminale di un paziente da ricercatori dell’Irccs Sacro Cuore Don Calabria Identificato nel liquido seminale di un paziente da ricercatori dell’Irccs Sacro Cuore Don Calabria di Negrar. Nessun allarme, ma non va sottovalutato

Per la prima volta al mondo il virus Oropouche è stato isolato nel liquido seminale di un viaggiatore italiano di ritorno da Cuba al quale era stata diagnosticata l’infezione oltre due settimane prima. A farlo è stato l’Irccs Sacro Cuore Don Calabria di Negrar. 

Arrivato per la prima volta questa estate in Europa, il virus Oropouche ha causato due morti in Brasile, dove è endemico da tempo, ha registrato circa 10 mila casi al mondo e cinque in Italia, tutti importati. 

Chiamato anche “febbre del bradipo” o “virus della pigrizia”, Oropouche provoca febbre alta improvvisa, dolori muscolari e articolari, mal di testa intenso. In circa il 4% dei casi può infettare il sistema nervoso causando infiammazioni attorno al midollo spinale e al cervello, con sintomi neurologici.

La scoperta del Dipartimento di Malattie infettive, tropicali e microbiologia dell’Istituto di Negrar, pubblicata su Emerging Infectious Diseases, rivista dell'Agenzia federale USA per la prevenzione e il controllo delle malattie (CDC), apre nuovi, importanti scenari di salute pubblica e suggerisce che la trasmissione dell’infezione potrebbe avvenire anche tramite contatto sessuale oltre che attraverso la puntura di insetti.

«La nostra scoperta – sottolinea Federico Gobbi, direttore del Dipartimento di Malattie infettive, tropicali e microbiologia dell’Irccs di Negrar - indica la possibilità di trasmissione dell’infezione da uomo a uomo, ancora a oggi mai descritta. Il livello di rischio per l’Italia è attualmente molto basso, tuttavia sono necessari ulteriori studi ed è importante non abbassare la guardia per evitare potenziali rischi».

La febbre Oropouche è un'infezione tropicale causata dall’omonimo virus (OROV), scoperto nel 1955 nel sangue di un lavoratore forestale di Trinidad e Tobago, vicino al fiume Oropouche. Si tratta di un patogeno diffuso normalmente nella regione amazzonica e trasmesso all’uomo dalle punture di insetti.

«Il primo imperativo – spiega Concetta Castilletti, responsabile dell’Unità di Virologia e patogeni emergenti del Sacro Cuore Don Calabria di Negrar, co-autrice della pubblicazione - è quello di conoscere meglio questo virus sino a oggi poco studiato. Per questo motivo – aggiunge -  dopo aver isolato il virus lo abbiamo messo subito a disposizione, in un’ottica di condivisione e collaborazione, di alcuni dei più importanti laboratori italiani ed esteri».

 

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Ail. Curare è prendersi cura: Impatto ambientale e rischio sanitario, benessere e stili di vita

HealthDesk - Ven, 10/18/2024 - 20:47
Il Convegno

Il cancro è una delle grandi sfida sociali, di salute pubblica ed economiche del XXI secolo: a livello globale è responsabile di un decesso su sei. Nel 2022 sono stati stimati 20 milioni di nuovi casi di cancro e 9,7 milioni di decessi. Si prevede che nel 2050 i nuovi casi saranno oltre 35 milioni, con un aumento del 77% rispetto al 2022. Il rapido aumento del carico oncologico globale riflette sia l'invecchiamento della popolazione, sia i cambiamenti nell'esposizione delle persone ai fattori di rischio, molti dei quali sono associati allo sviluppo socioeconomico. Tra questi, l'inquinamento atmosferico rimane un fattore di rischio ambientale di primaria importanza. L’aumento dell’incidenza tumorale coincide peraltro con l’inevitabile innalzamento dei costi pubblici che gravano sulla spesa sociale delle famiglie, rafforzando le disparità sociali e territoriali e gravando, inoltre, sul Servizio sanitario nazionale.

Su queste premesse l’Associazione italiana contro leucemie, linfomi e mieloma (Ail) ha messo a confronto, venerdì 18 ottobre a Roma, esperti nel campo della medicina, delle scienze sociali e ambientali, esponenti delle Istituzioni e dell’associazionismo nella quarta edizione del suo Convegno nazionale, ideato dal presidente nazionale Giuseppe Toro e dal sociologo dell’ambiente Aurelio Angelini, per esplorare le correlazioni tra le esposizioni agli inquinanti ambientali e le conseguenze sulla salute dei cittadini. E per provare a immaginare scenari possibili di integrazione tra politiche ambientali e sanitarie.

Nonostante l’avanzamento delle conoscenze scientifiche e gli sforzi effettuati da parte delle Istituzioni, sostiene l'Ail, si riscontra «un grande ritardo» nell’adozione di misure per contrastare gli scenari rappresentati dall’Oms Europa, che prevede in crescita i numeri del cancro e, parallelamente, il peso economico delle cure sui sistemi sanitari. Inoltre, l’aumento dell’insorgenza tumorale si caratterizza per la riduzione dell’età media della popolazione, deteriorandone la qualità della vita individuale, sociale e innalzandone appunto i costi dei sistemi di welfare pubblici.

In 55 anni di attività l’Associazione è stata impegnata nel sostenere la ricerca scientifica, nel sensibilizzare costantemente la popolazione, e nell’assistenza a pazienti, familiari e caregiver. Anche attraverso l’organizzazione di iniziative come il Convegno nazionale, Ail «intende raggiungere nuovi risultati, impegnandosi a far crescere la consapevolezza sociale del rapporto tra fattori ambientali e rischio sanitario al fine di ripensare alle politiche di tutela e prevenzione dovute all’inquinamento, attraverso azioni e strumenti in grado di ridurre gli effetti sulla salute, oltre a sensibilizzare a stili di vita improntati sul benessere psicofisico».

La giornata del 18 ottobre si è articolata in cinque sessioni a cui hanno preso parte oltre trenta relatori e ospiti, tra i quali il Premio Nobel per la Fisica Giorgio Parisi.

 

Categorie: Medicina integrata

Morbillo, a settembre 1 caso al giorno; 897 da inizio anno

HealthDesk - Ven, 10/18/2024 - 13:53
Malattie infettive

A settembre in Italia in si sono verificati 31 casi di morbillo, poco più 1 al giorno. Cifra che porta la conta dei contagi a 897 dall’inizio dell’anno. È quanto emerge dall’ultimo bollettino mensile del sistema di sorveglianza del morbillo e della rosolia dell’Istituto Superiore di Sanità. 

I nuovi casi hanno interessato 8 Regioni: Basilicata (1 contagio), Campania (7), Emilia-Romagna (2), Lazio (3), Liguria (2), Lombardia (7), Puglia (5), Sicilia (4).

Dall’inizio dell’anno, segnala il bollettino l’incidenza più elevata è stata osservata in Abruzzo (46,2 casi per milione abitanti) seguita dal Lazio (45,5 per milione), dall’Emilia-Romagna (41,6 per milione) e dalla Sicilia (39,2 per milione).

L’età mediana dei contagi è 30 anni, anche se l’incidenza più elevata è stata osservata nella fascia di età 0-4 anni (78 casi per milione). Sono stati segnalati 43 casi in bambini con meno di un anno di età.

Circa il 90% delle persone contagiate non era vaccinato, il 5,6% era vaccinato con una sola dose e il 3,7% era vaccinato con due dosi.

Molto frequenti le complicanze, riportate dal 32,9% dei casi. Le complicanze più frequentemente riportate sono state epatite/aumento delle transaminasi (138) e polmonite (102). È stato segnalato un caso di encefalite in un giovane adulto, non vaccinato.

Categorie: Medicina integrata

Associazioni e ricerca scientifica cruciali per la salute: al via altri 58 progetti grazie ai Bandi Gilead

HealthDesk - Ven, 10/18/2024 - 10:48
Edizione 2024

Otto italiani su dieci (81,8%) ritengono che le Associazioni che li rappresentano sono in grado di cambiare le storie dei pazienti, assumendo un ruolo determinante nel migliorarne e tutelarne vita e salute (84,6%). Chi ne ha avuto esperienza diretta, in particolare, riconosce loro il valore delle attività di supporto ai pazienti e alle famiglie (62,5%) e, sebbene in misura minore, di divulgazione e informazione (43,7%) e di collegamento tra Centri di ricerca e pazienti per progetti di ricerca e sperimentazione (42,1%).

C'è poi l'83,2 per cento degli italiani consapevoli che il lavoro di ricercatrici e ricercatori porta a scoperte che possono cambiare la storia delle malattie. E tre su quattro riconoscono che la ricerca scientifica ha contribuito a migliorare le nostre vite e il nostro stato di salute, con un impatto concreto sulle possibilità di cura e di diagnosi. Non stupisce, allora, che il 65% del campione abbia sostenuto la ricerca attraverso, per esempio, donazioni o il 5x1000.

Il campione è quello selezionato da AstraRicerche che per conto di Gilead Sciences ha realizzato un'indagine presentata giovedì 18 ottobre a Milano in occasione della premiazione dei Bandi Gilead 2024.

Nei prossimi dodici mesi, infatti, i 58 progetti scientifici e socio-assistenziali di Fellowship e Community Award Program, le due iniziative dell'azienda, potranno cambiare le storie di vita e di salute di chi è colpito da malattie infettive, oncologiche ed ematologiche.

Quasi 1,5 milioni di euro i fondi stanziati per i vincitori di quest’anno: 25 progetti di ricerca premiati dal Fellowship Program e 33 in area socio-assistenziale premiati dal Community Award Program. Assegnati inoltre quattro premi speciali a progettualità che si sono distinte per l’attenzione alle problematiche etiche, al coinvolgimento del paziente, all’uso del social media o che rappresentano la prosecuzione di progetti premiati nelle scorse edizioni che hanno dimostrato di avere un impatto positivo sulla salute delle persone.

Alla Cerimonia di quest’anno erano presenti anche i 53 vincitori dei “Data Publication Grants”, una terza modalità di sostegno economico che dal 2019 Gilead riserva a ricercatrici e ricercatori italiani per la pubblicazione di nuovi dati ed evidenze su testate di alto valore scientifico, di respiro nazionale e internazionale in riferimento alle tre aree oggetto dei due bandi (malattie infettive, oncologiche ed ematologiche). Una nuova storia di ricerca e traguardi scientifici che, grazie a un finanziamento di oltre 1,4 milioni in sei anni, ha contribuito a fare luce sui tanti aspetti ancora non conosciuti di queste patologie.

In tredici anni, Fellowship Program e Community Award Program, attraverso due Commissioni di esperti indipendenti incaricati di valutare i progetti, hanno contribuito a dare forma a oltre 660 progetti per più di 16,6 milioni di euro.

I Bandi Gilead «rappresentano per noi una grande storia - dice Frederico da Silva, General Manager e Vice President di Gilead Sciences Italia - che racchiude le tante storie che abbiamo contribuito a scrivere nel corso di questi tredici anni insieme alle eccellenze della ricerca e del mondo delle Associazioni di pazienti. Grazie a loro e con loro abbiamo abbiamo sostenuto progetti che hanno lasciato un segno tangibile nei percorsi di vita e di salute di migliaia di persone. Con l’edizione di quest’anno confermiamo il nostro impegno al fianco di ricercatrici, ricercatori e attivisti delle Associazioni per continuare a cambiare la storia di patologie gravi che ancora affliggono molte persone. Consapevoli del ruolo che giochiamo all’interno del sistema salute – conclude da Silva - il nostro impegno non si ferma qui, ma prosegue perché siano scritte nuove storie di successo. Per un futuro più sano per tutti».

Categorie: Medicina integrata

Nelle famiglie immigrate mortalità infantile 60% più alta che nelle italiane

HealthDesk - Gio, 10/17/2024 - 17:28
Il Congresso

La mortalità infantile nelle famiglie di immigrati è di gran lunga maggiore rispetto alle famiglie di genitori italiani. Da cifre basate su dati Istat ha preso le mosse la lettura magistrale di Mario De Curtis, professore di Pediatria all'Università La Sapienza di Roma, al congresso della Società italiana per lo studio delle malattie metaboliche e lo screening neonatale (Simmesn; Montesilvano, 15-18 ottobre).

Nel suo intervento, De Curtis ha ricordato che i minori con cittadinanza non italiana che vivono nel nostro Paese sono circa un milione e rappresentano l'11,2% dei residenti tra zero e 17 anni. Nell'anno scolastico 2020/2021, gli studenti con cittadinanza non italiana erano 865.388, pari al 10,3% del totale, e oltre il 75% dei minori con background migratorio è nato in Italia. Nel 2022 i bambini nati da entrambi i genitori stranieri sono stati 53.079, pari al 13,5% di tutti i nati. Considerando anche i nati da un solo genitore straniero (29.137), il totale arriva al 21% di tutti i nati. Numeri rilevanti, che fanno sostenere a De Curtsi che «l'immigrazione fornisce un importante sostegno demografico all'Italia, con effetti sia a breve sia a lungo termine».

Tuttavia, aggiunge, questi bambini «a causa delle particolari condizioni familiari ed economiche, sono spesso esposti a un rischio maggiore di malattia sia in epoca prenatale che immediatamente postnatale». La mortalità infantile è stata nel 2020 del 2,51 per mille, risultando superiore del 60% nei figli di genitori stranieri rispetto a quelli di genitori italiani. E i bambini stranieri residenti nel Mezzogiorno, rispetto a quelli residenti nel Nord Italia, hanno mostrato nel 2020 un rischio di mortalità infantile maggiore del 65%. L’aumento del rischio di mortalità e di patologie in questi bambini «è riconducibile – spiega De Curtis - a condizioni perinatali legate alle donne immigrate: svantaggio sociale, economico e culturale; maggior numero di gestanti minorenni e ragazze madri; basso reddito familiare; attività lavorative meno garantite e più pesanti; alimentazione inadeguata; condizioni igieniche e abitative carenti; cure ostetriche e pediatriche tardive o inadeguate». Restano quindi «problematiche di integrazione legate a difficoltà linguistiche, alla mancanza di informazioni sui servizi disponibili e al timore verso le autorità locali». Eppure, osserva, «una parte significativa delle patologie pre e postnatali potrebbe essere prevenuta con una più adeguata organizzazione dell'assistenza materno-infantile».

Un'attenzione particolare, auspica De Curtis, «dovrebbe essere rivolta al miglioramento delle condizioni socioeconomiche, poiché molti bambini provenienti da famiglie immigrate affrontano difficoltà economiche e sociali». Una società «equa e solidale non può permettersi di trascurare questi bambini, molti dei quali vivono in condizioni di fragilità. È necessario - conclude quindi l'esperto - un impegno concreto e tangibile da parte delle Istituzioni per garantire che nessun bambino venga lasciato indietro».

Categorie: Medicina integrata

Lo sport fa bene anche a chi soffre di spondiloartrite

HealthDesk - Gio, 10/17/2024 - 17:26
il convegno

Convivere con la spondiloartrite è possibile, raggiungendo anche una buona qualità di vita senza sviluppare gravi disabilità come in passato e mantenendo una costante attività fisica che contribuisce a stare bene.

Ai progressi nelle cure e nelle scoperte scientifiche più attuali è dedicato il convegno SpA & Sport, all’Università di Padova il 17-18 ottobre.

Le spondiloartriti sono un gruppo vasto ed eterogeneo di mlattie infiammatorie croniche che interessano principalmente la colonna vertebrale e le articolazioni sacro-iliache, ma possono colpire anche le articolazioni periferiche, con coinvolgimento della membrana sinoviale, della capsula e della cartilagine articolare, dei tendini e del liquido sinoviale. Oltre alle manifestazioni articolari, le spondiloartriti possono essere associate a patologie come la psoriasi e l’uveite o le malattie infiammatorie croniche intestinali come il morbo di Crohn o la rettocolite ulcerosa.

Colpiscono circa 14 persone ogni 100 mila adulti con una netta prevalenza nei maschi (3 a 2) e hanno un’età di insorgenza intorno ai 18-35 anni. «Se non riconosciute in tempo e trattate precocemente possono causare progressivamente gravi disabilità – avverte Roberta Ramonda, vicepresidente della Fondazione italiana per la ricerca in reumatologia (Fira), che ha promosso l'incontro - con importanti conseguenze fisiche, psicologiche, sociali, lavorative ed economiche».

Tuttora non si è ancora compreso l’esatto meccanismo che porta allo sviluppo delle spondiloartriti, ma gli studi si stanno concentrando su più fronti.

La ricerca scientifica sta indagando, per esempio, le cause legate alla spondilite, con interessamento in particolare delle vertebre, e ha messo in evidenza il ruolo fondamentale dello stato infiammatorio intestinale conclamato o subclinico come contributo al processo infiammatorio del danno articolare.

Anche la genetica è chiamata in causa dagli ultimi studi. Si sa da tempo, per esempio, che la presenza di un gene (HLA-B27) predispone allo sviluppo della spondilite anchilosante e di altre patologie immunomediate, tra cui diabete, sclerosi multipla e morbo di Crohn.

Il progresso della ricerca scientifica ha già permesso di sviluppare terapie sempre più innovative ed efficaci per il trattamento di queste patologie grazie ai farmaci biotecnologici che contrastano le citochine e proteine pro-infiammatorie, oltre a quelli tradizionali.

Per il miglioramento della qualità di vita dei pazienti è fondamentale adottare una terapia multidisciplinare che presti una particolare attenzione anche all’esercizio fisico, al potenziamento muscolare, alla fisiochinesiterapia e a un adeguato stile di vita anche dal punto di vista nutrizionale.

«La ricerca scientifica sta illuminando negli ultimi anni diversi aspetti importanti delle spondiloartriti – sottolinea Carlomaurizio Montecucco, presidente di Fira e professore di Reumatologia dell’Università di Pavia al Policlinico San Matteo - e nel tempo ha consentito un nuovo approccio nella gestione della malattia arrivando a parlare di remissione. Continuare negli studi e investire nella ricerca è fondamentale per compiere ulteriori passi avanti e offrire a sempre più pazienti prospettive di vita migliori».

Categorie: Medicina integrata

Farmaci, carenze più che raddoppiate dal 2018. Salvati dagli equivalenti

HealthDesk - Gio, 10/17/2024 - 16:26
Farmaci 1280px-Pill_1.jpg Immagine: Pixabay, CC0, via Wikimedia Commons Nel 2024 3.700 medicinali a rischio carenza, nell’80% c’è un generico sostitutivoNel 2024 3.700 medicinali a rischio carenza, nell’80% c’è un generico sostitutivo. Ma l’industria degli equivalenti è sotto pressione

Negli ultimi cinque anni la carenza di farmaci è diventata un problema sempre più pressante a livello globale: l’Italia è tra i Paesi maggiormente colpiti. Nel periodo 2018-2024 il numero di farmaci a rischio carenza in Italia è più che raddoppiato, passando da poco più di 1.600 a oltre 3.700. A evitare l’emergenza sono spesso i farmaci equivalenti, che sono disponibili in otto casi di rischio carenza su dieci. È uno dei dati emerso nel corso della presentazione, oggi a Roma, dell’edizione 2024 dell'Osservatorio Nomisma sul "Sistema dei farmaci equivalenti in Italia”.

I dati mostrano che l’industria dei farmaci equivalenti è solido, ma sconta una forte sofferenza frutto della pressione dei costi di produzione, degli oneri regolatori, del blocco dei prezzi ex factory e delle gare al massimo ribasso. Fattori che hanno determinato, specie negli ultimi anni, una pesante erosione di margini di profitto già esigui. Il tutto in un quadro di progressiva regressione della concorrenza nel settore farmaceutico.

L’aumento dei prezzi dell’energia e delle materie prime, che sembrava dovesse essere un fenomeno limitato alla pandemia, è diventato strutturale, determinando una pressione insostenibile in un settore dove e non è possibile trasferire gli aumenti sui prezzi finali. L’analisi dei bilanci economici delle aziende del 2023 denuncia un aumento medio del 19% del costo delle materie prime rispetto al 2022. Nel quinquennio, tuttavia, l’aumento è stato del’86%.

Importanti anche gli aumenti dei prezzi dei materiali di confezionamento: tra il 2019 e il 2023 l’alluminio è aumentato del 27%, il vetro del 24%, la carta e la plastica, rispettivamente, del 19% e del 3%. Voci che complessivamente pesano per il 20% sui costi di produzione aziendali.

Dal canto loro, le spese sostenute per registrazione e autorizzazione alla vendita tra il 2016 e il 2023 sono aumentate del 26%.

Pesante l’impatto del payback: in particolare per le aziende che operano in ambito ospedaliero, i tributi di ripiano nei prossimi anni impatteranno tra i 15% e il 18% del fatturato.

«Tutte le problematiche già evidenziate nelle precedenti edizioni dell’Osservatorio non solo persistono, ma alcune di esse si sono ulteriormente esacerbate, rendendo il quadro complessivo decisamente più allarmante rispetto al passato», ha affermato Lucio Poma, chief economist di Nomisma e coordinatore scientifico dell‘Osservatorio sull’industria dei farmaci equivalenti nel nostro Paese.

«Stiamo toccando con mano ogni giorno nelle farmacie e negli ospedali cosa significa non trovare farmaci che diamo per scontati: non possiamo ignorare la china che sta prendendo il sistema e dobbiamo invertire urgentemente la rotta, già in questa legge di Bilancio», ha aggiunto il presidente di Egualia, Stefano Collatina. «Ci sono misure di sistema che possono essere introdotte senza impatto di spesa pubblica, come stabilire che le procedure di gara si svolgano per accordo quadro, e misure che opportunamente programmate posso essere gestibili in termini di impatto economico. Ci sono oneri impropri che pesano sulle imprese di farmaci fuori brevetto che vanno rivisti, senza dimenticare il tessuto industriale, incluso l’insostituibile ruolo del conto terzi nel nostro Paese». 

In particolare, le aziende chiedono di eliminare il payback sui farmaci rimborsati o acquistati in gara dal servizio sanitario, regolare il livello dei prezzi introducendo parametri di adeguamento all’incremento esponenziale dei costi di produzione, rivedere i criteri delle gare ospedaliere, concentrati prevalentemente sul meccanismo del massimo ribasso, prevedere un meccanismo di adeguamento dei prezzi ex factory dei farmaci a più basso costo e incentivare le imprese che adottano processi produttivi innovativi e tecnologie sostenibili, attraverso modelli multi aggiudicatario.

E ancora: supportare la messa a terra della riforma farmaceutica europea e delle indicazioni contenute nel rapporto Draghi per la Commissione Ue, che pongono in primo piano, a pari merito, sia il rafforzamento dell’attività di R&S sia il rafforzamento delle catene di fornitura farmaceutica, a partire dai prodotti fuori brevetto.

«Senza l’adozione di queste misure, la funzione di “bene pubblico” dei medicinali equivalenti rischia di andare persa per sempre», conclude Egualia. 

Categorie: Medicina integrata

Laurea in Medicina. Per i giovani medici il ddl varato in Senato è solo un rinvio degli accessi

HealthDesk - Gio, 10/17/2024 - 09:52
Formazione

Il cosiddetto “numero chiuso” non viene in nessuna forma “abolito o superato” dal disegno di legge delega che rivede le modalità di accesso ai corsi di laurea in Medicina varato mercoledì 16 ottobre dalla Commissione Cultura del Senato.

A sostenerlo sono le tre realtà associative maggiormente rappresentative dei giovani medici (Anaao Giovani, Als e Gmi), secondo le quali in realtà verrebbe soltanto rinviato di sei mesi il test di accesso.

«Senza alcun meccanismo volto a programmare rigorosamente il numero annuale di laureati in medicina – scrivono le tre Ass si contribuisce concretamente a creare la cosiddetta pletora medica poiché “aprire” la facoltà di medicina a 70.000 giovani e “richiuderla” dopo sei mesi con ingresso effettivo di 20.000 di essi significa spendere miliardi di soldi degli italiani per formare un numero di medici quadruplo rispetto a coloro che andranno in pensione».

Non solo: i giovani medici si chiedono, per esempio, come faranno le università, che già hanno problemi di organico, a soddisfare le esigenze formative di un corso di studi fondamentalmente pratico? E che fine faranno gli studenti che non superreanno lo sbarramento al secondo anno? Perderanno un anno? O saranno dirottati «su un binario di seconda scelta?».

«Troppi gli interrogativi – si legge nel comunicato - per non pensare che dietro talune proposte non ci sia la volontà di assestare il colpo di grazia a una professione da tempo in crisi e a un sistema sanitario in stato preagonico perché definanziato e marginalizzato rispetto alle scelte della Politica».

La tre Associazioni si augurano «che i giovani non si facciano illudere da una proposta che mira solo a distogliere l'attenzione dai reali problemi del mondo del lavoro nella sanità pubblica di oggi, uno specchietto per le allodole che prepara per loro un futuro da sottooccupati se non disoccupati».

In conclusione, per i giovani medici «l’abolizione del numero programmato a Medicina e chirurgia è un provvedimento sbagliato, incapace di rispondere alla grave criticità attuale perché temporalmente sfasato, foriero di ulteriore spesa per la necessità di aumentare parallelamente gli investimenti nella formazione post laurea, per assicurare che per ogni laureato sia disponibile un contratto di formazione specialistica o una borsa di formazione in medicina generale».

Categorie: Medicina integrata

Anziani e virus respiratori: vaccinarsi per ridurre disabilità e morti

HealthDesk - Mer, 10/16/2024 - 19:07
L'appello

Lo scorso anno oltre 18 milioni di over-60 erano eleggibili alla vaccinazione antinfluenzale e anti-Covid-19, ma se ne è vaccinato rispettivamente solo il 47% e il 18%, a dispetto di una copertura minima raccomandata del 75%. Sottoutilizzata anche la vaccinazione per proteggersi dalla polmonite pneumococcica, cui ha aderito poco più del 25% degli oltre 750 mila sessantacinquenni ai quali viene raccomandata e offerta gratuitamente dal Servizio sanitario nazionale. Eppure, per gli over-65, lo pneumococco risulta la causa più comune di polmonite, con una letalità del 20-40%. Preoccupa poi il virus respiratorio sinciziale (Vrs), tra le infezioni che nella precedente stagione invernale hanno avuto un maggior impatto sugli anziani e i pazienti cronici, nei quali rappresenta la seconda causa più comune di polmonite virale. In Italia si stimano ogni anno circa 290 casi di infezione respiratoria acuta da Vrs negli over-60, che causano oltre 25 mila ricoveri e circa 2 mila decessi in ospedale.

Non è confortante il quadro epidemiologico, sanitario e sociale delle principali malattie respiratorie vaccino-prevenibili nell’anziano, così come è stato tratteggiato mercoledì 16 ottobre a Roma nel convegno di Italia Longeva, l’Associazione nazionale per l’invecchiamento e la longevità attiva del ministero della Salute, sulla “Prioritizzazione della prevenzione vaccinale contro le patologie respiratorie nell’anziano e nel fragile”.

Da lì Italia Longeva ha lanciato l’appello sulla necessità di fare rete e moltiplicare gli sforzi per promuovere una più ampia adesione alla vaccinazione da parte delle persone più vulnerabili, per le quali le infezioni respiratorie rappresentano una grave minaccia di salute. A partire dalla “banale” influenza che, nei casi più severi, può portare a complicazioni fatali come testimoniano i 400 mila morti per cause respiratorie e i 300 mila per cause cardiovascolari causati ogni anno in Europa proprio dall’influenza. Senza contare l’impatto economico sul Ssn e più in generale sul sistema di Welfare: secondo una recente analisi di Altems Advisory, spin off dell’Università Cattolica, l’aumento delle coperture su una porzione del calendario vaccinale potrebbe avere benefici in termini di recupero di gettito fiscale fino a 500 milioni di euro, un risparmio di costi sociali di circa 3 miliardi e un abbattimento della produzione persa fino a 10 miliardi.

«La vaccinazione viene ancora troppo spesso sottovalutata nella pienezza del suo valore» sottolinea Roberto Bernabei, presidente di Italia Longeva. «I vaccini rappresentano lo strumento di protezione più efficace e sicuro contro le malattie respiratorie più diffuse – prosegue - impedendo che una condizione di fragilità precipiti nella disabilità. Con l’aumento dell’aspettativa di vita e una popolazione sempre più anziana, è necessario un cambio di paradigma che metta al centro la prevenzione. È evidente come la spesa pubblica legata alla sanità debba essere interpretata come un investimento e non un costo per il Paese. La tenuta, o al contrario, il naufragio del nostro Servizio sanitario, passa innanzitutto dalla capacità di realizzare efficaci politiche di prevenzione che realizzino una reale presa in carico vaccinale, integrando in maniera virtuosa gli interventi dei diversi professionisti e setting assistenziali, e moltiplicando le occasioni di “buona” informazione al cittadino. Più vaccinazione significa minore circolazione di virus, tassi di infezione e contagio inferiori, meno ricoveri e meno decessi. In poche parole, più salute, che è e deve continuare a essere terreno di dialogo e obiettivo comune di tutti gli attori del sistema sanitario».

Sulla stessa linea Francesco Vaia, direttore generale alla Prevenzione del ministero della Salute: «Per un invecchiamento in salute, oltre agli investimenti, importanti e che salutiamo con grande soddisfazione, è necessario imprimere un cambio di paradigma che rimetta al centro la prevenzione in tutte le sue connotazioni, a partire da quella primaria, dagli stili di vita salutari che danno un grande contributo alla sostenibilità del sistema».In questa prospettiva, Italia Longeva ha lanciato la nuova Campagna di comunicazione sociale “La salute non va solo desiderata va difesa”, realizzata con il patrocinio di Pubblicità Progresso e delle Società scientifiche di gerontologia e geriatria (Sigg), Medicina generale (Simg) e Igiene (Siti).

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Per nove italiani su dieci gli animali domestici migliorano il benessere delle persone fragili

HealthDesk - Mer, 10/16/2024 - 19:05
Pet e salute

Gli animali da compagnia non sono solo amici fedeli ma autentici alleati del benessere psicofisico, specialmente per le persone più fragili.

Questo è quanto emerge dalla ricerca condotta da Aisa – Federchimica, l’Associazione delle imprese salute animale, in collaborazione con l’Istituto di ricerca SWG: l’88% degli intervistati ritiene infatti che avere cura di un animale domestico contribuisce in modo significativo alla salute psicofisica delle persone più fragili.

Tra gli anziani, il 63% di chi vive con un animale domestico valuta il proprio benessere psicologico in modo più positivo rispetto a chi non possiede un pet. Inoltre, il 79% degli italiani ritiene che vivere con un animale domestico o prendersene cura contribuisca significativamente a migliorare la salute fisica.

Sono questi alcuni degli spunti approfonditi durante la tavola rotonda “Pet e Salute: Benessere reciproco e valore sociale nel nostro rapporto con gli animali da compagnia”, organizzata da Aisa mercoledì 16 ottobre a Roma.

Secondo il sondaggio, un italiano su tre considera essenziale il contributo dei veterinari, non solo per curare gli animali ma per promuovere pratiche di prevenzione e modelli di gestione sostenibili che possano garantire il benessere complessivo delle famiglie e della comunità.

Anche per animali la prevenzione è un tema cruciale: più della metà degli intervistati ritiene infatti che le pratiche preventive siano fondamentali per preservare la salute dei propri animali domestici e, di riflesso, il benessere delle persone che li accudiscono.

«Gli animali da compagnia sono una fonte insostituibile di benessere per milioni di italiani – sostiene Paolo Sani, presidente Aisa - in particolare per le persone più fragili. Il loro impatto positivo sul benessere psicofisico è evidente».

A confermalo è l’83% degli italiani che ritengono che gli animali domestici aiutino a creare un ambiente più sereno e positivo, favorendo legami più forti tra le persone.

«Gli studi hanno dimostrato che crescere con animali domestici, come cani e gatti, ha un impatto positivo sui bambini contribuendo a rafforzare il sistema immunitario» commenta Marco Melosi, presidente dell’Associazione nazionale medici veterinari italiani (Anmvi).

Anche Antonio Sorice, presidente della Società italiana di medicina veterinaria preventiva (Simevep), condivide: «Riduzione dello stress, dell'ansia e della depressione, miglioramento delle relazioni sociali, accompagnate da aumento dell’attività fisica, riduzione della pressione sanguigna e rafforzamento del sistema immunitario sono solo alcuni degli effetti benefici della compagnia dei nostri piccoli amici».

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