Roberto Pella è il nuovo presidente di CITIES+, il network dedicato ai temi del benessere, della salute, dell’ambiente e dello sport nelle città. CITIES+ raccoglie i Comuni che hanno adottato il “Manifesto della salute nelle città” come bene comune o documenti correlati. L’adozione di questi documenti e di politiche a livello della comunità di riferimento, da parte delle amministrazioni locali, sancisce l’impegno a occuparsi fattivamente delle dinamiche correlate al miglioramento della qualità di vita, del benessere e della sostenibilità delle proprie città. Attualmente son circa 350 i Comuni che hanno adottato questi documenti o avviato politiche inerenti e che fanno parte del network CITIES+.
«Sono onorato del ruolo che mi viene affidato in una organizzazione, come questa, che molto ha contribuito fin qui su temi chiave per le città e che molto ancora può contribuire» dichiara Roberto Pella che, oltre a essere deputato, è vicepresidente dell'Associazione dei Comuni italiani (Anci) con delega alla salute, lo sport e le aree interne.
Oltre la metà della popolazione mondiale vive oggi negli ambienti urbani. Le città contribuiscono per il 70 per cento alle emissioni globali di carbonio e per oltre il 60 per cento all'uso delle risorse. In Italia circa il 37 per cento della popolazione vive nelle aree metropolitane.
CITIES+ è un think tank, una alleanza e un osservatorio permanente sul benessere , la salute, l’ambiente, e lo sport delle città, delle aree metropolitane, delle comunità montane, delle aree interne marginali e dei borghi italiani, realizzato in sinergia con le Istituzioni, l’Anci, le regioni, le province, le comunità montane, le università, le Fondazioni, i centri di ricerca, il mondo dell’industria e con il supporto scientifico di Health City Institute e della rete delle società scientifiche aderenti a Science for Cities.
CITIES+ «mira a coinvolgere le energie intellettuali del Paese, attraverso un’efficace piattaforma d’impatto sullo studio dei determinanti della salute nelle città» spiega Andrea Lenzi, presidente dell’Health City Institute e Coordinatore di Science for Cities. «Al neo Presidente Roberto Pella vanno i miei complimenti per questo importante incarico – aggiunge - e l’augurio di buon lavoro, certo che saprà portare in questo ruolo il suo grande contributo di competenza, di esperienza e di sensibilità verso queste tematiche».
Ogni volta che usciamo di casa, prendiamo un mezzo di trasporto pubblico, andiamo al lavoro, sediamo in un cinema o allo stadio possiamo stare praticamente certi di incrociare almeno una persona - ma probabilmente molto di più - che nel corso della propria vita ha ricevuto una diagnosi di cancro. In Italia, infatti, vivono 3,7 milioni le persone che hanno incontrato il cancro, poco meno di 1 su 15. Quasi certamente, in futuro il loro numero è destinato a crescere: la metà dei cittadini che oggi si ammalano è infatti destinata a guarire e ad avere un’attesa di vita comparabile a quella di chi non ha sviluppato il cancro. È questa la novità più attesa che arriva dalla presentazione del volume “I numeri del cancro in Italia 2024”, presentato oggi in una conferenza stampa a Roma. Il volume, giunto alla quattordicesima edizione, descrive gli aspetti relativi alla diagnosi e terapia delle neoplasie grazie al lavoro dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (Aiom), Airtum (Associazione Italiana Registri Tumori), Fondazione Aiom, Osservatorio Nazionale Screening, Passi (Progressi delle Aziende Sanitarie per la Salute in Italia), Passi d’Argento e della Società Italiana di Anatomia Patologica e di Citologia Diagnostica.
Mortalità in calo
Nel 2024, in Italia, sono stimate 390.100 nuove diagnosi di tumore: 214.500 negli uomini e 175.600 nelle donne. Si tratta di numeri sostanzialmente stabili rispetto al biennio precedente (erano 391.700 nel 2022 e 395.900 nel 2023).
Il tumore più frequentemente diagnosticato in Italia, nel 2024, è il carcinoma della mammella (53.686 casi), seguito dal colon-retto (48.706), polmone (44.831), prostata (40.192) e vescica (31.016).
La mortalità per cancro nei giovani adulti 20-49enni, in 15 anni (2006-2021), è diminuita del 21,4% nelle donne e del 28% negli uomini. È significativa, in particolare, la riduzione dei decessi per carcinoma polmonare in entrambi i sessi: -46,4% nelle donne e -35,5% nei maschi. Il cancro resta però un big killer. Nel 2022, in Italia, sono stati stimati 35.700 decessi per cancro del polmone, 24.200 per il colon-retto, 15.500 per la mammella, 14.900 per il pancreas e 9.900 per lo stomaco.
«Anche se la stima del numero di nuovi casi di cancro è di poco inferiore a quelle del 2022 e del 2023, non si può essere particolarmente ottimisti in un quadro più generale di prevalenza ancora alta di fattori di rischio comportamentali e ambientali, che contribuiscono significativamente a causare il cancro», afferma il presidente Aiom Francesco Perrone. «Si tratta di una materia in cui è necessario investire di più e a molteplici livelli, incluse, ad esempio, le riforme che Aiom sta promuovendo per rendere più efficace la lotta al tabagismo».
Screening in affanno, stili di vita da rivedere
Se i dati positivi non mancano, restano però aree su cui è necessario più impegno, a partire dai tre programmi di screening. Nel 2023, rispetto agli anni precedenti, si registra una maggiore copertura della popolazione, che raggiunge il 49% per lo screening mammografico, il 47% per quello cervicale e il 32% per quello colorettale. Ciononostante, restano ancora notevoli differenze territoriali, con le Regioni meridionali che fanno registrare livelli di adesione inferiori rispetto alle altre aree in tutti e tre i programmi di screening. Serve più attenzione anche agli stili di vita: il 24% degli adulti fuma, il 33% è in sovrappeso e il 10% è obeso, il 18% consuma alcol in quantità a rischio per la salute. E si registra un boom di sedentari, aumentati dal 23% nel 2008 al 28% nel 2023.
«La sfida deve essere quella di investire in prevenzione, promuovendo stili di vita sani, a partire da un’alimentazione corretta, associata all’attività fisica», spiega il ministro della Salute, Orazio Schillaci, nella prefazione del libro. «Oggi sappiamo che l’errata alimentazione incide per circa il 35% sull’insorgenza dei tumori e che la dieta mediterranea riduce del 10% la mortalità complessiva, prevenendo lo sviluppo di numerosi tipi di cancro. Allo stesso tempo occorre promuovere una maggiore partecipazione ai programmi di screening, fondamentali per diagnosticare precocemente una patologia e aumentare notevolmente le possibilità di guarigione, perché soprattutto in alcune Regioni non si registrano le adesioni auspicate», prosegue Schillaci. «Eppure, anche in questo campo, abbiamo nuove opportunità diagnostiche che dobbiamo utilizzare fino in fondo, come l’ampliamento della fascia d’età dai 45 ai 74 anni per lo screening del tumore alla mammella, già partito in molte aree territoriali, a dimostrazione della capacità del nostro servizio sanitario nazionale di saper rispondere rapidamente alle nuove conoscenze e raccomandazioni adottate a livello internazionale. L’ambizione oggi è quella di garantire in un futuro non troppo lontano lo screening per il tumore al polmone, che a oggi è tra le patologie tumorali più diffuse tra gli uomini», conclude il ministro.
Progressi nei giovaniProprio il cancro del polmone è uno dei tumori in cui si sono osservati maggiori progressi negli ultimi anni: “del 46,4% tra le donne e del 35,5% tra gli uomini under 50. Sono dati estremamente incoraggianti, se si considera che questa neoplasia rappresenta la prima causa di morte oncologica negli uomini giovani adulti e la seconda nelle donne dopo il tumore della mammella”, dice il presidente eletto Aiom Massimo Di Maio.
Il dato, inoltre conferma un trend positivo nella fascia compresa tra i 20 e 49 anni, fetta della popolazione in cui si concentra il 10,5% delle morti oncologiche. “In 15 anni, sono state 786 le vite salvate tra le donne e 939 tra gli uomini in questa fascia d’età rispetto al numero atteso”, conclude Maio.
Una ricerca in vitro, coordinata dall’Istituto per la bioeconomia del Cnr e dall’Istituto Luke di Helsinki, ha individuato elevate proprietà antiossidanti, antibatteriche e antivirali dell’estratto di corteccia di abete. I risultati della ricerca, a cui hanno partecipato altri partner italiani, finlandesi e statunitensi, sono stati pubblicati sulla rivista Separation and Purification Technology.
«In questa ricerca – spiega Francesco Meneguzzo, ricercatore del Cnr-Ibe e supervisore dello studio - abbiamo impiegato la corteccia di abete rosso, una specie particolarmente diffusa sulle Alpi e anche sull’Appenino tosco-emiliano, un sottoprodotto della filiera forestale di norma non utilizzato oppure destinato alla combustione. Gli estratti, ottenuti mediante la tecnica di cavitazione idrodinamica, sono dotati di elevate proprietà antiossidanti e antivirali rispetto a due tipi di virus, e di attività antibatterica particolarmente efficace nei confronti di diversi ceppi. Questo metodo – precisa - si è rilevato efficiente, veloce, in grado di operare a basse temperature e anche con altri sottoprodotti, quali i rametti», sottolinea Francesco Meneguzzo, ricercatore del Cnr-Ibe e supervisore dello studio.
Questa tipologia di estrazione non era stata mai sfruttata prima, per la mancanza di una tecnica che fosse in grado di restituire un prodotto sicuro per l’organismo e in grado di assicurare un adeguato ritorno economico. «Abbiamo progettato un sistema tecnologico innovativo e completo – racconta Meneguzzo - in grado di lavorare anche trentamila tonnellate di sottoprodotti in un anno. Dopo una lunga sperimentazione e analisi complesse, siamo riusciti a identificare nel dettaglio quali potessero essere gli aspetti tecnici e di mercato determinanti per la sostenibilità economica dell’applicazione industriale.
Lo studio, condotto nell’ambito del progetto ForestAntivirals dell’Accademia di Finlandia e dei progetti italiani Pnrr On Foods (finanziato da NextGenerationEU) e Nutrage (finanziato dal Cnr) potrebbe aprire la strada a una nuova bioeconomia forestale, non limitata alla produzione di combustibili o di materiali tecnici, ma focalizzata su prodotti potenzialmente importanti per la salute umana, utilizzabili per la funzionalizzazione di alimenti e per la realizzazione di integratori alimentari.
L’Italia è il fanalino di coda in Europa per quanto riguarda il numero di professori ordinari in Pediatria con curriculum scientifico e clinico in ambito neonatologico. È quanto emerge da una indagine effettuata nel 2024 dalla Società europea di rianimazione neonatale e pediatrica: il nostro Paese può contare solo su nove professori ordinari di Neonatologia, contro i venti del Regno Unito, i trenta della Germania e i 35 della Francia. Anche in rapporto alla popolazione, i dati non migliorano, con l'Italia superata da Paesi come Romania, Olanda, Svizzera e Grecia. Peggio dell'Italia, tra i Paesi analizzati, solo la Spagna.
«In Italia sarebbero necessari almeno il doppio dei professori ordinari. Bisogna colmare questo gap» avverte Massimo Agosti, presidente della Società italiana di neonatologia (Sin), titolare della Cattedra di Pediatria all’Università dell’Insubria e direttore della Neonatologia e terapia intensiva neonatale all’ospedale Del Ponte di Varese.
La Neonatologia è una branca giovane della pediatria, che però negli ultimi anni ha conosciuto un grande sviluppo. «In passato – ricorda Agosti - i neonatologi si formavano sul campo, ma oggi questo non basta più. Serve una filiera accademica strutturata, dal ricercatore, passando per il professore associato, fino all’ordinario. Si pensi che in Italia, i professori ordinari in Pediatria sono sei volte più numerosi rispetto a quelli di Neonatologia e che le Scuole di specializzazione in Pediatria sono 38».
Eppure, come sottolinea il presidente Sin, la Neonatologia è una disciplina cruciale dal concepimento ai due anni: «È il ponte tra ostetricia e pediatria».
Nel nostro Paese, sostiene Agosti, «serve un cambio culturale. Non è un caso che Italia e Spagna, ultime in questa classifica, abbiano anche uno dei tassi di fertilità più bassi d’Europa. Al contrario, ad esempio in Francia, dove l'attenzione alla Neonatologia è globalmente cresciuta, si è registrato un miglioramento del tasso di fertilità. Evidentemente, i numeri raccontano una storia che non possiamo ignorare. Proprio per questo – conclude - se si vogliono mantenere i risultati eccellenti in termini di sopravvivenza che ci pongono tra i primi Paesi in Europa e nel mondo, bisogna investire sulla Neonatologia, in tutti i suoi ambiti, quindi anche in quello universitario».
Secondo l’Oms circa 1 persona su 4 nel mondo sarà colpita da disturbi mentali nel corso della propria vita. In Italia, circa il 6% degli adulti riferisce sintomi depressivi e percepisce compromesso il proprio benessere psicologico per una media di 16 giorni nel mese e solo il 65% delle persone che riferisce sintomi depressivi ricorre all’aiuto di qualcuno, rivolgendosi soprattutto a medici oppure operatori sanitari.E poi, il 43% della popolazione mondiale convive con una condizione neurologica con un aumento dell’impatto globale in termini di anni di vita in salute persi a causa della disabilità del 18,2% in trent’anni.
Bastano questi pochi numeri per avere una misura dell’impatto sociale ed economico delle patologie del sistema nervoso.
I dati sono stati ricordati in occasione del 30° anniversario di attività nel nostro Paese di Lundbeck Italia, affiliata italiana del Gruppo Lundbeck, azienda biofarmaceutica multinazionale danese, celebrato con un evento dedicato alla salute del cervello.
«Celebrando i nostri 30 anni di impegno in Italia, siamo orgogliosi dei progressi nell’ambito delle neuroscienze ma siamo consapevoli delle sfide ancora da affrontare. Per questo motivo, continueremo ad innovare, con dedizione e curiosità, per promuovere la salute del cervello e migliorare la qualità della vita dei pazienti, confermando il nostro ruolo di partner nelle neuroscienze al fianco della classe medica, delle istituzioni, delle persone che vivono con malattie del cervello e della comunità», ha dichiarato Tiziana Mele, amministratrice delegata di Lundbeck Italia.
L’azionista principale della casa madre del Gruppo Lundbeck è la Fondazione Lundbeck, con quasi il 70% delle azioni, che da oltre 60 anni investe in ricerca con l’obiettivo di rafforzare la salute del cervello. Tra i suoi finanziamenti si annovera anche il Brain Prize, un riconoscimento del valore di circa 1,3 milioni di euro assegnato ogni anno a uno o più ricercatori che si sono contraddistinti per il loro contribuito sostanziale nell’ambito della ricerca nelle neuroscienze. Nel 2014, il prestigioso riconoscimento è andato a un italiano, Giacomo Rizzolatti, professor of Human Physiology dell’Università di Parma, socio nazionale dell’Accademia dei Lincei e Foreign Member della Royal Society e della National Academy of Sciences.
Per celebrare i 30 anni di attività in Italia, Lundbeck Italia ha organizzato una serie di eventi e iniziative nel corso del 2024 con lo scopo di sensibilizzare sulla salute del cervello, tra cui il progetto "Coloriamo i luoghi della salute mentale", volto a ridisegnare gli ambienti di cura per renderli più accoglienti e funzionali, migliorando così il percorso di cura dei pazienti.
Una forte attenzione è stata data ai giovani, le menti del nostro futuro, con il cortometraggio “Mi vedete?” sulla depressione giovanile e il progetto scuole “Mi vedete?” volto a intercettare il disagio dei ragazzi prima che diventi un disturbo. Inoltre, con “People in Mind – Young Edition 3.0”, un progetto educativo e al contempo creativo dedicato alle scuole superiori, l’azienda ha instaurato con studenti e docenti un dialogo sano e sicuro sulle malattie mentali attraverso webinar formativi con esperti del settore, stimolando inoltre le riflessioni dei ragazzi su questo tema attraverso la stesura di un soggetto cinematografico. In occasione dell'Extra G7 Salute, Lundbeck Italia ha promosso ad Ancona una serata gratuita aperta alla cittadinanza in compagnia dei comici Ale e Franz per promuovere un dialogo aperto sulla salute mentale, coniugando la comicità degli attori al sapere scientifico di esperti. Infine, Lundbeck Italia ha contribuito alla realizzazione della rappresentazione teatrale di Pinocchio: una favola alla rovescia, presentata al teatro Parioli di Roma lo scorso novembre dal Teatro Patologico, su iniziativa del senatore Antonio Guidi, per sensibilizzare sui temi dell’inclusione e della salute del cervello, mostrando il valore terapeutico del teatro e dell'arte nel percorso di cura.
Il Comitato per i medicinali per uso umano (CHMP) dell'Agenzia europea per i medicinali (EMA) ha espresso parere favorevole all’indicazione in prima linea di dostarlimab in combinazione con chemioterapia (carboplatino e paclitaxel) per il trattamento di tutti i pazienti adulti con carcinoma endometriale primario avanzato o ricorrente candidati alla terapia sistemica. Ciò includerebbe i pazienti con tumori mismatch repair proficient (MMRp)/microsatellite stable (MSS), che rappresentano il 70-75% dei pazienti con diagnosi di carcinoma endometriale e che hanno opzioni di trattamento limitate. L’autorizzazione all'immissione in commercio da parte della Commissione europea è prevista nel primo trimestre del 2025.
Inoltre, l'EMA ha concesso la designazione di medicinali prioritari (PRIME) per GSK5764227 (GSK'227), il coniugato farmaco-anticorpo (ADC) mirato a B7-H3, in fase di valutazione per il trattamento di pazienti con carcinoma polmonare a piccole cellule in stadio esteso recidivante (ES-SCLC). La designazione PRIME supporta lo sviluppo di medicinali che potenzialmente offrono un importante vantaggio terapeutico per i pazienti. Tale designazione in questo caso è supportata dai dati clinici preliminari dello studio ARTEMIS-001. I risultati di efficacia e sicurezza di questo studio sono stati presentati alla Conferenza mondiale sul cancro ai polmoni del 2024 all'inizio di quest'anno. GSK ha recentemente avviato uno studio globale di fase I al fine di supportare un percorso di registrazione per GSK'227.
Infine, la Food and Drug Administration (FDA) statunitense ha concesso la designazione di terapia innovativa a dostarlimab per il trattamento di pazienti con carcinoma rettale localmente avanzato con deficit del mismatch repair (dMMR)/instabilità microsatellite elevata (MSI-H). La Breakthrough Therapy Designation mira ad accelerare lo sviluppo e la revisione di farmaci con il potenziale di trattare una condizione grave e in cui le prove cliniche preliminari indicano un miglioramento sostanziale rispetto alla terapia attualmente disponibile. La designazione di Breakthrough Therapy della FDA statunitense è supportata da prove cliniche preliminari dello studio collaborativo di fase II in corso, supportato da GSK, con il Memorial Sloan Kettering Cancer Center.
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Cos’è l’asma? E la Bpco? Quali sono i campanelli d’allarme? E come si curano? È possibile avere una buona qualità di vita se si soffre di una di queste diffusissime malattie polmonari?
Sono alcune delle domande contenuti nel volume digitale ‘I dialoghi del respiro. 50 domande su asma e Bpco’ pubblicato da HealthDesk nell’ambito de ‘I dialoghi del respiro’ un progetto realizzato da HealthDesk con il supporto non condizionato di GSK.
Il volume (disponibile in formato pdf o per reader) è la tappa conclusiva del progetto che ha visto la realizzazione di otto dirette, in cui la giornalista scientifica Roberta Villa si è confrontata con alcuni dei massimi esperti della Pneumologia in Italia.
Nel testo si cerca di sintetizzare in 50 domande i contenuti principali di questi colloqui.
Per chi intendesse ascoltarli o vederli, i contenuti sono disponibili come podcast sulle principali piattaforme e come video su HealthDesk o su YouTube.
Sulle pagine di HealthDesk ci sono poi articoli di approfondimento dedicati rispettivamente all'asma e alla Bpco.
La causa dei danni polmonari, responsabili dei maggiori disturbi nella sindrome Long Covid, è un’infiammazione di basso grado con la conseguente attivazione piastrinica.
A questo risultato è giunto lo studio di un gruppo di ricercatori del Centro Cardiologico Monzino e dell’Università di Milano.
I dati della ricerca, pubblicati su JACC BTS (Journal of American College of Cardiology Basic to Translational Science) mostrano che nei pazienti che soffrono della sindrome Long Covid il danno polmonare può essere causato da uno stato infiammatorio con attivazione delle piastrine che, legandosi ai leucociti, formano nel sangue degli etero-aggregati. Questi etero-aggregati, entrando nel microcircolo polmonare, possono determinare danno vascolare e alveolare promuovendo deposizione di tessuto fibrotico responsabile dei principali sintomi riferiti dai pazienti con Long Covid come dispnea, dolore toracico, astenia e così via.
Diversi studi sostengono l’ipotesi che il danno polmonare sia causato dalla prolungata disfunzione endoteliale e dall’attivazione delle cellule immunitarie, con produzione di citochine che sostengono il processo infiammatorio. Tuttavia la fisiopatologia dei sintomi e le ragioni dello stato infiammatorio e della conseguente disfunzione polmonare non sono state del tutto chiarite.
«I nostri studi – sottolinea Marina Camera, responsabile dell’Unità di Ricerca di biologia cellulare e molecolare cardiovascolare del Monzino e professoressa di Farmacologia all’Università Statale di Milano - hanno identificato un ruolo centrale, che nessuno aveva ancora considerato, sia dell’infiammazione cronica di basso grado che delle piastrine. Livelli anche di poco superiori ai limiti di normalità di proteina C reattiva e di interleuchina 6 possono infatti sinergizzare e sostenere l’attivazione delle piastrine. Gli aggregati che esse formano con i leucociti potrebbero dunque spiegare la disfunzione polmonare promuovendo deposizione di tessuto fibrotico che compromette la funzionalità polmonare».
Tra luglio e ottobre 2020, il Centro Cardiologico Monzino e l’Istituto Auxologico Italiano hanno reclutato 204 pazienti che avevano contratto il Covid nei mesi precedenti: «Escludendo chi soffriva di gravi malattie pregresse o stava assumendo una terapia anticoagulante – racconta Marta Brambilla, ricercatrice del Monzino e prima firma del lavoro - abbiamo identificato 34 pazienti con sintomi di Long Covid che sono stati quindi confrontati con altrettanti soggetti che non presentavano sintomi dopo l’infezione da Covid-19. A questi soggetti è stato effettuato un prelievo di sangue per la valutazione dello stato di attivazione delle piastrine. I dati ottenuti hanno chiaramente indicato come nei soggetti sintomatici il danno polmonare evidenziato dagli esami Tac sia significativamente associato a un fenotipo piastrinico pro-infiammatorio».
Mediante esperimenti in vitro effettuati con il plasma di questi pazienti, lo studio suggerisce anche che i farmaci antiinfiammatori e antiaggreganti, come la comune aspirina, sono in grado di contrastare questi processi e rappresentano dunque una potenziale opzione terapeutica.
La Società italiana di cardiologia (Sic) ha appena firmato un documento di consenso sull’impiego dell’Intelligenza artificiale (AI) in cardiologia, sottolineandone l’utilità nella diagnosi precoce di malattie come, per esempio, l’ipertensione o lo scompenso cardiaco e l’impiego per una valutazione più accurata di elettrocardiogrammi ed ecocardiogrammi, ma anche di risonanze magnetiche e Tac, così da diagnosticare e monitorare meglio i pazienti.
Il documento, presentato in occasione del Congresso nazionale della Sic (a Roma fino al 15 dicembre), prende in esame gli utilizzi di Ai e machine learning in cardiologia, ne sottolinea le grandi potenzialità a partire dal monitoraggio serrato dei pazienti ad alto rischio ricoverati con malattie cardiache: un ampio studio su quasi 16 mila pazienti pubblicato di recente su Nature Medicine, per esempio, ha dimostrato che la mortalità a tre mesi può ridursi del 31% associando l’AI all’elettrocardiogramma per identificare i casi con una maggiore probabilità di andare incontro a un evento fatale.
«Uno studio su 362 pazienti sottoposti a ECG prima dell’arrivo in ospedale - osserva Ciro Indolfi, past-president della Sic - ha dimostrato un’accuratezza del 99% nell’identificare i casi più seri, con tempi di valutazione medi di appena 37 secondi, circa quattro volte inferiori a quelli di un medico in carne e ossa, che hanno accorciato ad appena 18 minuti l’intervallo fra l’arrivo in clinica e la procedura di rivascolarizzazione».
Il documento di consenso sottolinea che l’impiego di algoritmi di machine learning e AI potrebbe anche migliorare la diagnosi di malattie come l’ipertensione e lo scompenso cardiaco, che potrebbero inoltre essere gestite in maniera più adeguata grazie all’accuratezza dell’AI nella classificazione del rischio dei pazienti e quindi nella scelta fra le possibili terapie.
Tuttavia, avverte Indolfi, «esistono anche criticità di cui tenere conto utilizzando l’AI, non solo perché sono necessarie altre e più ampie ricerche per validarne le potenzialità e gli usi nella pratica clinica, ma soprattutto per gli aspetti etici e normativi su cui è necessario riflettere. Molti algoritmi, specialmente quelli basati sul deep learning, operano spesso come “black box” prendendo decisioni sulla base di calcoli complessi da decrittare per un umano, che quindi possono rendere difficile riconoscere eventuali errori o bias». È poi «altrettanto fondamentale interrogarsi sulle modalità di introduzione dell’AI – aggiunge - per definire bene di chi siano le responsabilità di scelte dettate dagli algoritmi: la FDA classifica i prodotti di AI “software come dispositivi medici!, il regolamento “AI act” dell’Unione Europea 2024/1689 impone ai produttori e agli sviluppatori specifici obblighi e caratteristiche in merito agli usi dell’AI, per esempio proibendo applicazioni di AI che potrebbero porre rischi troppo elevati».
L'Istituto romagnolo per lo studio dei tumori (Irst) “Dino Amadori” è stato recentemente riconosciuto come membro associato dell’European Cancer Organization (ECO), una delle più importanti federazioni a livello europeo, nata con l’obiettivo di definire politiche condivise per la ricerca e l’assistenza oncologica e rappresentare la comunità medico-scientifica.
L'Irst parteciperà quindi alle attività di ECO e avrà accesso a incontri, eventi e opportunità di collaborazione su futuri progetti finanziati dall’Unione europea. L'Istituto porta 18 progetti europei finanziati in cui è direttamente coinvolto come partner o coordinatore sulle principali direttrici dell’innovazione: dall’oncologia di precisione allo sviluppo di nuove tecnologie per la diagnostica, fino alla sperimentazione nel settore del management clinico-sanitario.
«Siamo onorati di entrare a far parte della rete dell’European Cancer Organisation» commenta il direttore scientifico, Nicola Normanno. «Questa collaborazione – prosegue - rappresenta un’opportunità straordinaria per condividere conoscenze, esperienze e competenze con i più importanti attori europei nel campo dell’oncologia. Con questo risultato apriamo nuove strade per collaborazioni internazionali dell’Irst allo scopo di contribuire a migliorare la qualità delle cure oncologiche e di rafforzare il nostro impegno comune nella lotta contro il cancro».
Sono tra le malattie più diffuse, eppure di asma e Bpco si parla ancora poco
I “Dialoghi del respiro” puntano a fare chiarezza su queste due patologie che, insieme, colpiscono oltre 7 milioni di italiani
Con il contributo non condizionato di
L'ebookI dialoghi del respiro. 50 domande su asma e Bpco
'I dialoghi del respiro' sono un progetto realizzato da HealthDesk con il contributo non condizionato di GSK con l'obiettivo di aumentare la consapevolezza su due diffusissime malattie polmonari: l'asma e la Bpco.
I dialoghi del respiro comprendono otto dirette, in cui la giornalista scientifica Roberta Villa si confronta con alcuni dei massimi esperti della Pneumologia in Italia. Le dirette sono disponibili come podcast sulle principali piattaforme e come video.
Sulle pagine di HealthDesk ci sono poi articoli di approfondimento dedicati rispettivamente all'asma e alla Bpco.
Infine, un ebook - disponibile sia nel tradizionale pdf sia come libro digitale per reader: 'I dialoghi del respiro. 50 domande su asma e Bpco'.
In modo sintetico e chiaro, il libro cerca di rispondere alle principali domande sulle due patologie.
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Con un'espressione un po' abusata e tuttavia efficace, si potrebbe dire che un coro di “no” ha accolto l'emendamento al disegno di legge sulle liste d'attesa che prevederebbe la possibilità per i laureati in Farmacia di partecipare ai concorsi pubblici per il Servizio sanitario nazionale (Ssn) anche senza la relativa specializzazione.
Il primo “no” viene proprio dalla stessa Società italiana di farmacia ospedaliera e dei servizi farmaceutici delle aziende sanitarie-(Sifo) che, insieme con l’Intersindacale dei dirigenti medici, veterinari e sanitari del Ssn, dichiara la propria «più netta opposizione» all'emendamento, anche perché rischia di escludere dal ruolo della Dirigenza,m e quindi dal contratto nazionale di lavoro, un’intera categoria di farmacisti, «riportandola indietro di 40 anni a danno della professionalità e dell’immagine ad oggi duramente conquistate ma, ancora di più, a danno del Ssn e della sostenibilità dello stesso».
L’emendamento, secondo la Sifo e l'Intersindacale, «viola la dignità professionale dei farmacisti regolarmente specializzati e soprattutto mette a rischio la qualità e la sicurezza dei servizi farmaceutici, aprendo inoltre pericolosamente la strada al rischio di analoghe deregulation anche per altre categorie di dirigenti sanitari». Pertanto, l’Intersindacale chiede «con forza che l'emendamento venga immediatamente ritirato, riservandosi, in caso contrario, di adire le vie legali, oltre che di intraprendere ogni altra iniziativa di opposizione».
Un netto “no” giunge anche dall'Anaaso Assomed, il principale sindacato della dirigenza medica e sanitaria del Ssn, il cui segretario nazionale, Pierino Di Silverio, sostiene che l'abolizione del requisito della specializzazione sarebbe «un grave passo indietro nella tutela della salute pubblica e nella valorizzazione della professione farmacista». L’eliminazione del requisito secondo Di Silverio potrebbe mettere «a rischio i pazienti» e vanificare «decenni di progresso nel settore della farmacia ospedaliera e territoriale del Ssn. Dobbiamo salvaguardare la qualità: la salute pubblica – avverte il segretario Anaao Assomed - non può essere affidata a figure professionali che, pur qualificate, non abbiano ricevuto una formazione specifica per l’ambito ospedaliero e territoriale Ssn». In questo modo, sostiene il leader sindacale, si persiste in «un processo pericoloso e inaccettabile di dequalificazione del personale sanitario. Chiediamo che il Governo ritiri l’emendamento altrimenti saremo costretti a valutare ricorsi in massa contro una legge inaccettabile».
Cristopher Faroni, presidente del Gruppo INI, è il CEO dell’anno per l’Healthcare. Faroni ha ricevuto il riconoscimento nel corso della decima edizione CEO Italian Summit & Awards, evento organizzato da Business International, la knowledge unit di Fiera Milano, in collaborazione con Forbes Italia, che si è svolto mercoledì 4 dicembre a Milano.
Il premio è stato conferito per «l’eccezionale contributo all’innovazione, alla qualità e all’eccellenza nel settore healthcare».
«Ricevere questo premio – commenta Faroni - è un onore e un risultato che dedico a mia sorella Jessica con cui, giorno dopo giorno, abbiamo costruito questo successo che condivido con l’intero team del Gruppo INI. La nostra missione è migliorare la vita delle persone attraverso una sanità d’eccellenza e accessibile, e questo riconoscimento conferma che stiamo andando nella giusta direzione. È ancor più gradito perché arriva dopo anni particolarmente duri – aggiunge - ma dai quali siamo usciti a testa alta, con risultati economici gratificanti».
Il Gruppo Ini, attivo da settanta anni, è articolato in dieci strutture ed è presente nel Lazio ed in Abruzzo con 1.200 posti letto e quasi 2 mila collaboratori. Le divisioni sono abilitate al ricovero per acuzie, dall’oncologia, all’ortopedia, alla riabilitazione, alle Rsa.
Lo si associa soprattutto ai neonati. E a ragione. Perché il virus respiratorio sinciziale, se colpisce nelle prime settimane di vita, può essere molto pericoloso e mettere a rischio anche la vita. Tuttavia, questo patogeno non colpisce solo i più piccoli. Anzi, è la fascia di età degli adulti quella che paga il prezzo più alto. Uno studio recente condotto in Usa mostra che tra il 1999 e il 2018, l’89% dei decessi è stato registrato negli ultra 65enni: ben 5.800 persone contro un totale di 116 fino ai quattro anni di età.
Non dissimile il caso dell’Italia. Negli over 60, si stima che il virus respiratorio sinciziale provochi circa 290 mila casi di infezione respiratoria acuta, 26 mila ricoveri e 1.800 morti in ospedale. Tuttavia l’impatto potrebbe essere ben più ampio, dal momento che la diagnosi non rientra fra le pratiche di routine.
A oggi non esistono trattamenti specifici contro il virus respiratorio sinciziale negli adulti e la terapia supportiva può comprendere broncodilatatori, supplemento di ossigeno, reintegrazione di liquidi e antipiretici. È disponibile tuttavia un vaccino di recente approvazione.
«L’autorizzazione del vaccino contro il virus respiratorio sinciziale di GSK rappresenta una svolta fondamentale per proteggere la popolazione adulta più vulnerabile e oggi abbiamo a disposizione uno strumento per difendere gli adulti fragili da questa insidiosa infezione per la quale non esistono trattamenti terapeutici e la prevenzione resta l’unica arma», commenta Sara De Grazia, Vaccines medical head di GSK Italia. «Una dimostrazione del bisogno medico esistente in tale ambito è che l’Ema ha valutato la domanda di autorizzazione all'immissione in commercio del vaccino con una procedura fast-track accelerata, consentendo un più rapido accesso a questa opzione profilattica».
In Italia, dopo l’approvazione di Ema e il parere positivo espresso dalla Commissione consultiva tecnico-scientifica dell’Aifa, il vaccino adiuvato di GSK contro il virus respiratorio sinciziale è stato classificato in Classe di Rimborsabilità C.
La vaccinazione contro il virus respiratorio sinciziale è attualmente raccomandata in diversi Paesi dai rispettivi gruppi tecnici nazionali sulle vaccinazioni e dalle principali società scientifiche. Sebbene non sia ancora inclusa nel Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale italiano, a gennaio 2024, il Board del Calendario della Vita ha pubblicato un documento in cui raccomanda la vaccinazione contro il virus respiratorio sinciziale per le persone dai 75 anni di età e per quelle con almeno 60 anni con patologie croniche.
«Come rappresentanti del mondo medico-scientifico assolutamente non condividiamo la scelta di sanatoria delle multe ai no-vax». È netto il giudizio di Francesco Cognetti, presidente della Federazione degli oncologi, cardiologi ed ematologi (Foce) e del Forum delle società scientifiche dei clinici ospedalieri ed universitari italiani (Fossc) sulla recente decisione del Governo. La Federazione e il Forum riuniscono 75 Società scientifiche attive nel nostro Paese.
«È necessario manifestare il nostro più fermo dissenso – ribadisce Cognetti- su questa iniziativa pericolosa e profondamente antiscientifica. Anzi dobbiamo assolutamente ribadire che sono stati proprio i vaccini a liberarci dall’incubo del Covid-19 e a ridurre fortemente l’impatto della pandemia. Non possiamo dimenticare quante sofferenze e difficoltà il pericoloso virus ha creato soprattutto tra il 2020 e il 2022. Non è accettabile invece condonare le multe di chi in quegli anni difficili ha avuto un comportamento estremamente pericoloso per il nostro Paese».
Cognetti ricorda che «le scelte di salute pubblica dovrebbero essere sempre prese in base a evidenze scientifiche» e che l’Italia ha dichiarato la propria contrarietà all’Accordo tra i Paesi Oms sul trattato per il Piano pandemico per la riduzione dell’impatto delle pandemie sui cittadini, servizi sanitari-sociali e anche sulla salute del personale coinvolto.
«Nel nostro Paese – sottolinea infine Cognetti - è ancora assente un Piano pandemico nazionale. La prevenzione di alcuni gravi malattie, tra cui quelle infettive, passa soprattutto dalle immunizzazioni e dai vaccini. Sono dei fondamentali presidi sanitari salva-vita – conclude - che andrebbero sempre e solo incentivati tra l’intera popolazione».
Promuovere una corretta informazione sul diabete autoimmune di tipo 1, sfatare i falsi miti che ancora accompagnano questa malattia e sottolineare l’importanza di una diagnosi precoce.
Sono questi gli obiettivi di "Un Passo Avanti", Campagna presentata martedì 10 dicembre a Roma, che invita a rendersi protagonisti di un movimento di consapevolezza e responsabilità affinché le complicanze associate al diabete di tipo 1 non compromettano più in modo irreversibile la qualità di vita delle persone.
Questa patologia autoimmune cronica, che colpisce circa 300 mila persone in Italia, rappresenta il 10% dei casi totali di diabete. Insorge solitamente in età pediatrica e, se non diagnosticato tempestivamente, può portare a complicanze gravi come la chetoacidosi diabetica, una condizione potenzialmente fatale. Oggi, purtroppo, il 40% delle diagnosi avviene in ritardo, quando la patologia ha già compromesso il metabolismo, causando rischi irreversibili per la salute.
Tra i sostenitori della campagna, promossa da Sanofi, spicca Massimo Ambrosini, ex campione di calcio e padre di un bambino con diabete autoimmune di tipo 1, che si fa portavoce dell’importanza di una maggiore consapevolezza su questa patologia.
Tra le principali iniziative della Campagna, l'hub digitale diabeteunpassoavanti.it, che mette a disposizione materiali pratici, testimonianze dirette e contenuti educativi per approfondire la conoscenza sul diabete di tipo 1.
C'è poi il progetto educativo rivolto agli alunni delle scuole primarie, avviato nelle quattro Regioni pilota (Lombardia, Marche, Campania e Sardegna), dove è già attivo lo screening per il diabete di tipo 1 varato dalla Legge n.130 del 15 settembre 2023. In collaborazione con Librì, editore specializzato in campagne educative, Sanofi ha ideato inoltre il progetto "Elio e il Giorno del Coraggio", che coinvolge bambini, famiglie e insegnanti, sensibilizzando sulla possibilità e sull’utilità dello screening per il diabete di tipo 1 attraverso una storia che stimola i più piccoli a superare le proprie paure e a comprendere l’importanza della prevenzione.
Il programma di screening avviato nel 2024 mira ad anticipare la diagnosi ed evitare un esordio critico del diabete autoimmune di tipo 1, che ancora troppo spesso si manifesta attraverso un episodio di chetoacidosi che rappresenta purtroppo una vera e propria “sliding door” nella vita delle famiglie e dei bambini. Il test, semplice e indolore, consente di individuare precocemente la presenza di autoanticorpi nei bambini di 2-3 e 6-7 anni, segnalando eventuali rischi prima ancora che compaiano i sintomi.
«Grazie alla nostra esperienza nel campo dell’immunologia e alla profonda conoscenza dei complessi meccanismi che regolano il funzionamento del sistema immunitario – sostiene Alessandro Crevani, General Manager Business Unit General Medicines Italy & Malta di Sanofi - abbiamo la concreta ambizione di trasformare radicalmente anche il trattamento del diabete di tipo 1, agendo in modo mirato nella rimodulazione del sistema immunitario». Con la campagna “TD1 Un Passo Avanti” – aggiunge Ingìfine Crevani - vogliamo favorire la consapevolezza sull’importanza della diagnosi precoce e del trattamento tempestivo, dando un contributo concreto al nostro Paese nella lotta a questa malattia».
La Federazione Italiana delle Società Medico Scientifiche compie 40 anni e oggi, al Centro Studi Americani, a Roma, si è concluso il lungo percorso di eventi intrapreso quest’anno dalla Federazione per celebrare questa ricorrenza.
La Fism nasceva a Milano il 6 Luglio 1984 da una trentina fra le più autorevoli società medico-scientifiche del nostro Paese, con l’idea di mettere a punto una piattaforma per lo scambio di conoscenze ma anche per anche per riunire gli sforzi, di armonizzarli e di finalizzarli verso gli obiettivi più concreti.
Oggi, con la quarta degli Stati Generali della Fism - “Il futuro della formazione medica e la medicina territoriale: le riforme per rilanciare il SSN” - si è tenuto di fare un passo avanti rimarcando il ruolo delle società scientifiche in questa profonda fase di trasformazioni del servizio sanitario e della formazione professionale.
«Il servizio sanitario nazionale costituisce un caposaldo fondamentale per la collettività. È giusto pensare ad un miglioramento delle strutture e dei servizi, ma è essenziale riconoscere il valore dei professionisti della salute, ai quali va tutto il mio plauso e il mio deferente ringraziamento», ha affermato Loreto Gesualdo, presidente Fism e Ordinario di Nefrologia dell’Università degli Studi di Bari Aldo Moro. «La mia gratitudine ai consiglieri Fism che hanno condiviso il percorso degli Stati Generali, dedicato nelle varie tappe ai modelli della presa in cura della persona, del Patient Journey, delle competenze digitali e della prevenzione».
«Le società scientifiche sono fondamentali nell’erogazione di salute nel sistema sanitario pubblico. Oggi parliamo di sanità territoriale dei professionisti sanitari e di come gli tessi possono essere fondamentali nell’erogazione di prestazioni sanitarie e nella difesa del sistema sanitario pubblico. Il nostro è ancora il quarto sistema sanitario nazionale publico al mondo, insieme a un maggior finanziamento del fondo sanitario c’è bisogno di nuovi modelli organizzativi. In questi modelli i professionisti e le società scientifiche svolgono un ruolo fondamentale che va declinato fino sin fondo se volgiamo rendere sostenibile il nostro sistema sanitario», ha affermato il sottosegretario alla Salute Marcello Gemmato.
L’evento è stata un’occasione di aperto confronto per fare il punto su quanto viene fatto e quanto ancora si potrebbe fare in tema di riforme della formazione medica e del ruolo delle società scientifiche nella promozione della salute.
«La Fism intende valorizzare sempre di più le competenze dei professionisti, per questo si attiverà con sempre maggiore impegno per la diffusione delle conoscenze, per consolidare le competenze, per sostenere la ricerca», ha dichiarato Furio Colivicchi, direttore della Cardiologia dell’Ospedale S. Filippo Neri di Roma, past-president ANMCO e vice-presidente Fism.
Il segretario nazionale Fism, Francesco Macrì, pediatra e docente presso l’Università ‘La Sapienza’ a Roma, ha detto come, «il ruolo delle Società Scientifiche sia rappresentare un avamposto a tutela dei professionisti, dei cittadini e di tutto il servizio sanitario. Questo ruolo si declina su più livelli e si configura come una funzione essenziale per garantire la efficienza, la qualità e l'equità dell’assistenza».
Ha rimarcato il ruolo della prevenzione Annamaria Colao, ordinario di Endocrinologia e Malattie del Metabolismo all’Università Federico II di Napoli e Cattedra Unesco per l’Educazione alla Salute e allo Sviluppo Sostenibile e Consigliere Fism. «Come terza missione la Fism si pone l’obiettivo di diffondere la cultura della prevenzione», ha sottolineato. «La prevenzione non solo migliora la qualità della vita, ma è l’unica via praticabile per la sostenibilità del sistema sanitario universalistico».
L’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) ha approvato, martedì 10 dicembre, la rimborsabilità da parte del Servizio sanitario nazionale (Ssn) di nove farmaci tra medicinali orfani per malattie rare (2), farmaci generici (1) ed estensioni delle indicazioni terapeutiche (6).
I farmaci orfani autorizzati sono un'immunoterapia indicata per la malattia linfoproliferativa post-trapianto positiva al virus di Epstein-Barr e un enzima ricombinante umano indicato per il trattamento dell’iperargininemia, una patologia genetica che si manifesta attorno ai tre anni e comporta la perdita progressiva delle tappe dello sviluppo psicomotorio e spasticità in assenza di trattamento.
È stato ammesso alla rimborsabilità il generico di un farmaco indicato per il trattamento dell’infezione da Hiv in associazione con altri medicinali antiretrovirali.
Le estensioni terapeutiche di medicinali già rimborsati dal Ssn ricadono invece nell’ambito dell’epatite C, della malattia renale cronica, dell’atrofia muscolare spinale (Sma), del carcinoma colorettale metastatico (Crc), della fibrosi polmonare idiopatica (Ipf) e del carcinoma ovarico epiteliale, delle tube di Falloppio o peritoneale primario, avanzato.
Una nuova strategie per colpire selettivamente il tumore del colon-retto risparmiando i tessuti sani. L’hanno messa a punto ricercatori dell’IRCCS di Candiolo ingegnerizzando le cellule NK e dotandole di un recettore ‘CAR’ capace di riconoscere le cellule tumorali.
«Le NK sono un particolare tipo di cellule immunitarie, che pattugliano il corpo, e quando individuano una cellula cancerosa la attaccano e la distruggono, prevenendo la crescita del tumore», spiega Enzo Medico, direttore del Laboratorio di Oncogenomica presso l’Istituto di Candiolo – IRCCS. «Talvolta però le cellule tumorali trovano il modo per sfuggire a queste sentinelle: diventano ‘invisibili’ e creano un ambiente sfavorevole per le NK, evitando così che queste le riconoscano e distruggano. Grazie a queste contromisure il tumore riesce a svilupparsi ed evolvere, con le conseguenze che tutti conosciamo».
I ricercatori, in due studi - uno pubblicato sulla rivista Molecular Therapy e un altro in corso di pubblicazione sul Journal of Translational Medicine - hanno messo a punto due strategie per dirigere efficacemente le cellule NK contro il tumore.
Nel primo lavoro, in corso di pubblicazione sul Journal of Translational Medicine, è stato introdotto un CAR contro il bersaglio mesotelina, già testato per efficacia e sicurezza in mesoteliomi e tumori ovarici. I ricercatori di Candiolo hanno scoperto che la mesotelina, una proteina ancorata alla membrana cellulare, può essere presente ad alti livelli anche in una parte dei tumori colorettali soprattutto nei sottotipi più aggressivi. Hanno così adottato una strategia di “riposizionamento”, che consiste nell’avvalersi di terapie inizialmente sviluppate per altre tipologie di tumori e sfruttarle contro il cancro al colon-retto.
«Questa strategia si è rivelata vincente», sottolinea Medico. «Infatti, le NK ingegnerizzate con il CAR contro la mesotelina sono risultate specificamente efficaci in tutti i modelli di tumore del colorettale con alti livelli di mesotelina». I tumori potenzialmente candidabili, cioè quelli che esprimono livelli alti di mesotelina, sono circa 2mila-4mila all’anno.
Nel secondo lavoro, pubblicato sulla rivista Molecular Therapy, viene descritto un sofisticato circuito genetico che rende le cellule NK ancora più “intelligenti”, cioè in grado di riconoscere il bersaglio del CAR solo sulle cellule tumorali.
«Grazie a questo circuito, la cellula killer espone il CAR contro i tumori del colon solo se viene a contatto con un secondo bersaglio, l’oncogene HER2, che funge da ‘filtro selettore’», spiega Medico. «In pratica, ciascuno dei componenti del circuito, il recettore per HER2 e il CAR, riconosce il proprio bersaglio anche in tessuti normali. Ma esiste un solo caso in cui entrambi i bersagli sono presenti sulla stessa cellula ad alti livelli: i tumori del colon con HER2 ‘amplificato’. La cellula NK così modificata può quindi pattugliare l’intero organismo rimanendo inattiva, tranne quando incontra una cellula di cancro del colon che espone HER2 amplificato: allora la NK lo riconosce, espone il CAR e uccide la cellula tumorale».
Le nuove cellule NK “intelligenti” si sono dimostrate efficaci e molto selettive in tutti i modelli sperimentali testati.
«La prospettiva applicativa, in un futuro che si spera non troppo distante, è quella di infondere cellule NK così modificate nei pazienti il cui tumore del colon presenta entrambi i bersagli ad alti livelli», aggiunge Medico. «I prossimi passi da compiere saranno renderle ancora più potenti senza che perdano la selettività, in modo da colmare progressivamente il divario fra i modelli di laboratorio e il letto del paziente», conclude.