Da dove viene l'infiammazione associata alla depressione?

Sulla base di una recente Review del gruppo di  M. Maes possiamo identificare le principali fonti dell’infiammazione associata alla depressione.

Innanzitutto lo stress, che, acuto o cronico, è in grado di sbilanciare il profilo immunitario a favore di una maggiore sintesi di citochine quali IL-6 e TNF alfa, chiaramente correlate all’entità dei sintomi depressivi.

L’alimentazione è poi un altro determinate in quanto, da un lato, l’epidemiologia ci dice che maggiore è l’aderenza alla dieta mediterranea minore è i rischio di sviluppare depressione. Dall’altro lato abbiamo evidenza che la dieta può produrre infiammazione con aumento della IL-6 e della proteina C reattiva (PCR).

L’attività fisica svolta con regolarità è in grado di incidere sul benessere psico-fisico attraverso una moltitudine di vie biologiche che non solo contemplano la down regolation infiammatoria. La conseguente modulazione dei livelli di leptina, insulina e del fattore neurotrofico di derivazione cerebrale (BDNF) giocano un ruolo indipendente e sinergico al tempo stesso.

L’obesità è un’altra condizione fortemente correlata alla depressione attraverso un rapporto bidirezionale. L’intreccio è generato da un circolo vizioso che vede principalmente coinvolti l’alterazione dell’asse dello stress (HPA) e lo stimolo infiammatorio derivante dal tessuto adiposo in eccesso.

Anche l’abitudine al fumo è senz’altro un comportamento associato a un eccesso di produzione sia di citochine pro infiammatorie (PCR, IL 6 e TNF alfa) che di radicali liberi.

Più recentemente è stato chiarito anche il ruolo giocato dalla permeabilità della barriera intestinale. L’ipotesi più accreditata sostiene che una maggiore traslocazione batterica e in particolare di lipopolisaccaridi (LPS), che sono strutture proteiche derivate dai batteri gram negativi, siano in grado di attivare direttamente il sistema immunitario attraverso specifiche proteine di membrana (Toll-like receptor-4). La cascata immunitaria, generata dall’attivazione di questo recettore, porta a sua volta a un aumento delle citochine infiammatorie, a un eccesso di radicali liberi e alla sintesi di anticorpi (IgM e IgA) in grado di indurre neuroinfiammazione. Da segnalare che la depressione stessa rappresenta uno tra i principali fattori in grado di alterare la permeabilità intestinale.

Inoltre una condizione allergica (atopia), intesa come un eccesso di produzione di IgE verso determinati antigeni con ricadute cliniche (eczema, rinite, asma, ecc..), può rappresentare un ulteriore fattore di rischio per depressione. In questo caso, è il circuito cosiddetto TH2 quello maggiormente coinvolto (IL-4, IL-5 e IL-13).

Anche l’igiene orale se non adeguatamente curata può rappresentare un focolaio di mantenimento allo stimolo infiammatorio. Forti sono le associazioni con le carie dentali e con la paradontosi.

Non da ultimo va annoverato il ruolo svolto da uno dei principali bisogni primari dell’organismo umano: il mantenimento del ritmo sonno-veglia. La mole di lavori presenti in letteratura non lascia adito a nessuna contestazione: i disturbi del sonno sono tipici della depressione e ne peggiorano l’andamento. Anche in questo caso, troviamo un eccesso infiammatorio con gli stessi mediatori e marker: IL- 6, TNF alfa, PCR.

Infine occorre tenere presente i livelli della vitamina D, ormai definita a tutti gli effetti un ormone in quanto molteplici sono le vie biologiche che la vedono coinvolta.

Benché la supplementazione nei pazienti depressi con bassi valori di vitamina D abbia dato risultati contrastanti, accertata è la sua funzione sull’immunità e principalmente sulle solite citochine infiammtorie.

In conclusione mi pare che emerga chiaramente che l’approccio al paziente affetto da depressione non può basarsi esclusivamente sull’utilizzo dei farmaci di sintesi. Un approccio così riduttivo, benché potrebbe, momentaneamente, anche giovare al paziente, non agirebbe sulle possibili molteplici con-cause del disturbo, che richiede invece la messa in campo di comportamenti e abitudini in grado di riequilibrare lo stato infiammatorio.

Impegnarsi a rendere il paziente parte attiva del processo di guarigione, richiede senz’altro un radicale cambiamento da parte di entrambe le figure in gioco (paziente e medico), ma credo fermamente che sia la miglior alternativa che abbiamo al modello vigente.

 

Berk M, Williams LJ, Jacka FN, O'Neil A, Pasco JA, Moylan S, Allen NB, Stuart AL, Hayley AC, Byrne ML, Maes M. (2013) So depression is an inflammatory disease, but where does the inflammation come from? BMC Med.11:200. doi: 10.1186/1741-7015-11-200.

Figura tratta dal libro "Epigenetica e PsicoNeuroEndocrinoImmunologia" di Francesco Bottaccioli, EDRA Edizioni