Ad ognuno la sua paura…

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Ad ognuno la sua paura…A tutti è capitato e capita di provare paura: da quando, piccoli, chiamavamo “MAMMA” se qualcosa turbava il nostro sonno, a quando, adulti, evitiamo situazioni che ci spaventano. La paura è quindi un emozione che ci accompagna lungo la vita e che, di conseguenza, cambia.
 
La paura si evolve, nel bambino piccolo, assieme allo sviluppo cognitivo e corrisponde alla percezione di cambiamenti repentini nell’ambiente o alla perdita del conforto materno: intorno all’ottavo mese di vita, la distinzione tra ciò che è famigliare ciò che non lo è può favorire l’insorgere di paure nei confronti persone e oggetti “estranei”.
 
In età prescolare, a partire dal terzo anno d’età, i bambini si mostrano intimoriti al momento della separazione dai propri genitori. Crescendo, le paure possono avere un substrato immaginativo (ad esempio il personaggio di una fiaba o di un cartone animato). Attorno ai quattro anni, i bambini diventano sensibili verso piccoli animali ed elementi naturali quali la tempesta, i tuoni e i fulmini sono ulteriori stimoli paurosi. Sicuramente una delle paure più comuni in questa fase evolutiva è la paura del buio: molti autori ipotizzano che la mancanza di luce sia abbinata al senso di solitudine e alla mancanza di un appoggio esterno che possa aiutare il bambino nell’affrontare le paure stesse. Col passare degli anni, in età scolare, le paure sono relative ad agenti reali al di fuori si sé (la scuola, il contesto sociale, …) e si modifica anche il vissuto emotivo del bambino che inizia a provare vergogna per aver avuto paura. Verso gli otto anni, la paura della morte, degli incidenti e delle malattie può diventare molto comune.
Negli anni successivi, con picco durante l’adolescenza, le paure coinvolgono il confronto tra l’immagine di sé e il mondo esterno: la paura di fallire, di essere respinti dal gruppo dei pari, di essere derisi. A differenza dei bambini che cercano le figure di riferimento quando provano paura, gli adolescenti sono più autonomi perché forniti di maggiori competenze cognitive e affettive. Tale “autonomia” può però trasformarsi in isolamento e chiusura in sé stessi.
 
Ma la paura è giusta o sbagliata?
Se non avessimo paura di nulla rischieremmo di trovarci in contesti potenzialmente pericolosi perché la paura è per la psiche ciò che il dolore fisico è per il corpo: è un segnale d’allarme che ci dice dove fermarci e che ci rende più vigili davanti ai pericoli.
 
In questo senso una paura normale è un allarme efficacemente modulato sia nella sua attivazione, sia nella sua regolazione. Riguardo all’attivazione, un segnale di paura dovrebbe scattare solamente davanti a un pericolo autentico e non alla possibilità o al ricordo di un pericolo. Per quanto riguarda invece la regolazione, la paura dovrebbe calare non appena il pericolo sia cessato o la minaccia non è più tale (questo è il caso della paura legata alla sorpresa: ad esempio i rumori improvvisi o le persone che sbucano alle nostre spalle). 
La paura totalmente non regolata si definisce come attacco di panico: un evento paralizzante che toglie al soggetto la possibilità di affrontare una situazione (reale o immaginaria).
 
Quando la paura perde la sua funzione positive di proteggere l’individuo dalle situazioni di pericolo reale, allora prende il nome di fobia ostacolando la vita quotidiana ed è all’origine di reazioni eccessive e inadeguate.
 
Risulta quindi fondamentale distinguere tra la paura normale (ciò ben regolata) e la paura patologica. La psicoterapia permette di accompagnare il soggetto che soffre di problemi fobici, ansiosi e di attacchi di panico a conoscersi più in profondità e ad avere maggiori strumenti per affrontare la vita quotidiana.